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NotiziaOpinioni e EditorialiSpeciale

Gen Z e videogiochi: spende molto meno degli altri gamer, e il motivo è chiaro

Gen Z spende il 25% in meno in videogiochi rispetto al 2024. Prezzi alti, inflazione e nuove abitudini spingono verso free-to-play e indie low cost.

10 ore fa
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Per decenni l’industria videoludica ha dato per scontato che i giovani fossero il cuore pulsante del mercato. Sono stati loro, di generazione in generazione, a fare la fila davanti ai negozi per una nuova console, a comprare i giochi al day one, a spingere il multiplayer online verso traguardi impensabili. Oggi però i numeri raccontano una realtà diversa: la Gen Z sta spendendo molto meno in videogiochi rispetto alle generazioni precedenti.

Contenuti in questo articolo
Il calo colpisce soprattutto i più giovaniLa “tempesta perfetta” economicaAAA a 80 euro? Sempre più fuori portataCome sta cambiando il modo di giocareGli effetti sull’industriaUn cambio culturale: dall’acquisto all’accessoIl ruolo del digitale e delle communityUn futuro più frammentatoUn’opportunità per gli sviluppatori

Uno studio di Circana, ripreso dal Wall Street Journal, ha acceso un faro su questa tendenza. Analizzando i dati tra gennaio e aprile 2025, emerge che i giovani adulti (18-24 anni) hanno ridotto la loro spesa complessiva del 13% rispetto allo stesso periodo del 2024. Ma la vera frattura è nei videogiochi: -25% di spesa.

Il calo colpisce soprattutto i più giovani

Per capire la portata, basta confrontare i dati con quelli degli altri gruppi d’età. Secondo Mat Piscatella di Circana, tra i gamer più maturi il calo non supera il 5%. Questo significa che la stretta è molto più severa proprio per quella fascia che un tempo guidava i consumi videoludici.

E non è questione di interesse in calo. La Gen Z resta una fetta enorme della community: a marzo 2025 il 28% dei videogiocatori aveva tra i 18 e i 29 anni. L’amore per il gaming non è in discussione. È la capacità di spesa a essere cambiata.

La “tempesta perfetta” economica

Il problema nasce da un insieme di fattori economici che colpiscono in pieno questa generazione:

  • Mercato del lavoro instabile: contratti a termine, lavori part-time, poche opportunità di carriera solida.
  • Debiti studenteschi: negli USA e in altri Paesi, i prestiti universitari pesano per anni sui bilanci personali.
  • Costo della vita in crescita: affitti in aumento, spesa alimentare più cara, bollette alle stelle.
  • Inflazione che erode il potere d’acquisto e spinge a ridurre le spese “non essenziali”.

Piscatella ha sintetizzato bene la situazione con un post su BlueSky: “Non solo il tappeto viene tirato via da sotto i piedi dei giovani, ma viene anche bruciato mentre ci stanno ancora in piedi sopra”. Una frase che descrive senza filtri la sensazione di precarietà economica.

AAA a 80 euro? Sempre più fuori portata

giochi

In questo contesto, l’aumento dei prezzi nel gaming diventa un ostacolo enorme. Un titolo tripla A che pochi anni fa costava 60 euro oggi arriva facilmente a 70 o 80 euro. Per chi deve scegliere tra fare la spesa, pagare l’affitto o comprare un videogioco, la priorità è ovvia.

E non si parla solo di giochi:

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  • Le console hanno prezzi sempre più alti, con PS5, Xbox Series X e la futura Switch 2 che richiedono investimenti significativi.
  • Nel PC gaming, schede grafiche e CPU di ultima generazione hanno raggiunto cifre spesso proibitive, superando i 500-600 euro solo per un componente.

Come sta cambiando il modo di giocare

La Gen Z non ha smesso di giocare: ha cambiato strategia. Le alternative low-cost sono tantissime:

  • Free-to-play come Fortnite, Valorant, Apex Legends e Genshin Impact, che permettono di giocare senza spesa iniziale.
  • Indie economici sotto i 20 euro, capaci di offrire esperienze originali e apprezzate dalla critica.
  • Acquisti mirati durante i saldi, approfittando di offerte su Steam, Epic Games Store, PlayStation Store o Xbox.

Un fenomeno in forte crescita è quello dei “friendslop” games: titoli cooperativi dal costo ridotto (spesso sotto i 10 euro) che puntano tutto sulla socialità. Esempi come Peak, Repo e Lethal Company permettono di passare ore con gli amici online senza uscire di casa e senza richiedere PC di fascia alta.

Gli effetti sull’industria

Se una parte importante dei gamer più giovani smette di acquistare al day one, l’impatto sull’industria può essere pesante. I grandi publisher contano molto sulle vendite a prezzo pieno nei primi mesi. Senza di esse, diventa più difficile rientrare degli enormi costi di sviluppo.

Questo scenario potrebbe spingere verso:

  • Più abbonamenti: Xbox Game Pass, PlayStation Plus e EA Play potrebbero diventare canali principali per raggiungere la Gen Z.
  • Collaborazioni con studi indie per ampliare l’offerta con titoli più economici e veloci da sviluppare.
  • Modelli ibridi: campagne single player a prezzo ridotto con espansioni e contenuti aggiuntivi venduti separatamente.

Un cambio culturale: dall’acquisto all’accesso

intelligenza artificiale | gen z

La Gen Z è cresciuta in un contesto dominato da servizi in abbonamento come Netflix, Spotify e Disney+. Questo ha cambiato il rapporto con i contenuti: conta poterli usare, non necessariamente possederli.

Nel gaming, questo si traduce in un’apertura maggiore verso modelli di consumo come il cloud gaming (GeForce Now, Xbox Cloud Gaming) e i cataloghi in streaming. Avere una copia fisica non è più un obiettivo: conta avere accesso rapido e a basso costo a una libreria di titoli.

Il ruolo del digitale e delle community

Un altro elemento che gioca a favore della spesa ridotta è la centralità delle community online. I giocatori Gen Z passano molto tempo su Discord, Twitch e YouTube, dove possono seguire un gioco senza necessariamente acquistarlo. Let’s play, streaming e contenuti generati dagli utenti permettono di “vivere” un titolo anche senza possederlo.

Questo riduce l’urgenza di comprare al lancio e spinge a fare acquisti solo quando il prezzo diventa più accessibile.

Un futuro più frammentato

La direzione è chiara: il mercato si sta spaccando tra due estremi.

  • Da una parte i blockbuster tripla A, che puntano a giustificare il prezzo alto con produzione e marketing mastodontici.
  • Dall’altra una miriade di esperienze più piccole, economiche e spesso cooperative, che vivono grazie al passaparola e alla viralità.

La Gen Z sembra trovarsi sempre più a suo agio nel secondo scenario, mentre il primo rischia di diventare un lusso per una parte sempre più ristretta del pubblico.

Un’opportunità per gli sviluppatori

Per chi sviluppa videogiochi, questo momento di transizione è anche un’occasione:

  • C’è spazio per nuovi formati di gioco, pensati per essere sostenibili economicamente e accessibili a più giocatori.
  • I modelli di business possono includere microtransazioni etiche e abbonamenti flessibili, senza cadere nel pay-to-win aggressivo.
  • I giochi che sanno mantenere viva la community con aggiornamenti regolari e gratuiti hanno più possibilità di fidelizzare la Gen Z.

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