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La paura di perdere contenuti nei videogiochi: quando il completismo ci ossessiona

Esplora l'ossessione del completismo nei videogiochi e come superare la paura di perdere contenuti. Scopri consigli per goderti i giochi senza stress

7 mesi fa
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Ogni videogiocatore ha un nemico nascosto, un’ossessione che può trasformare il piacere di giocare in una vera e propria maratona mentale: la paura di perdere contenuti. Se sei uno di quelli che non riesce a lasciare una moneta non raccolta o un angolo inesplorato, allora sai esattamente di cosa sto parlando. Il completismo, ovvero il desiderio di completare ogni aspetto di un gioco, è una tendenza comune tra i gamer, ma può facilmente diventare una trappola che ci intrappola nei meandri di mondi virtuali sempre più vasti e complessi.

Contenuti in questo articolo
L’origine del completismo: dalle figurine ai primi giochiPlayStation e l’ossessione del 100%La rivoluzione degli Open World: troppi contenuti, troppo tempoThe Witcher 3: il punto di rotturaImparare a lasciare andare

L’origine del completismo: dalle figurine ai primi giochi

Fin da piccoli siamo stati educati all’idea di completare. Chi non ha mai riempito un album di figurine o cercato di completare un puzzle al 100%? Personalmente, il completismo è iniziato con i primi puzzle di Walt Disney e la frustrazione di non riuscire mai a trovare quell’ultimo pezzo mancante. Da quel momento, ogni piccola mancanza diventava un vuoto da colmare. E non parliamo solo dei giochi fisici, ma anche dei primi videogiochi.

Ad esempio, il mio primo incontro con il NES e con Super Mario ha subito messo in evidenza questa tendenza. Odiavo vedere i nemici scorazzare liberi nella mappa o lasciare anche una sola moneta dietro di me. Dovevo distruggere ogni muretto, raccogliere tutto il raccoglibile, altrimenti la mia partita non era completa. E così, da quel piccolo idraulico pixellato, la mia ossessione è cresciuta con il passare degli anni e delle console.

PlayStation e l’ossessione del 100%

Con l’arrivo della PlayStation 1, il completismo ha assunto una forma ancora più impegnativa. Uno dei giochi che ha segnato questa tendenza è stato Crash Bandicoot, un platform che molti ricorderanno con affetto. Crash non era solo un gioco divertente: era un vero incubo per chi, come me, voleva raccogliere tutte le gemme colorate e completare il gioco al 100%. Per ottenere tutte le gemme, non solo dovevi raccogliere tutte le casse senza morire, ma sbloccare percorsi nascosti che avrebbero aperto ulteriori sezioni del gioco.

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Ricordo ancora la frustrazione di perdere una gemma a causa di una morte inaspettata, costringendomi a ricominciare da capo. E questo non è stato un caso isolato. Molti giochi di quell’epoca richiedevano una pazienza infinita per essere completati al massimo, e io non potevo fermarmi finché non vedevo quel 100% sullo schermo.

La rivoluzione degli Open World: troppi contenuti, troppo tempo

Con l’evoluzione dei videogiochi, il completismo ha trovato un nuovo campo di battaglia: i giochi Open World. Uno dei primi titoli che ha davvero messo alla prova la mia pazienza è stato GTA San Andreas. In questo gioco, non si trattava solo di collezionare oggetti sparsi per la mappa: c’erano missioni secondarie, gare, attività extra, e persino relazioni da gestire. San Andreas è stato il primo gioco che mi ha fatto capire quanto fosse impegnativo completare un Open World al 100%.

Il problema principale? Non sapevi mai esattamente quali attività servissero per ottenere il completamento totale, e questa incertezza mi ha spinto a passare ore e ore alla ricerca di quel maledetto 1% mancante. Ho persino fatto ricerche su internet nei computer della scuola, perché l’idea di lasciare qualcosa di incompleto mi faceva perdere il senno.

The Witcher 3: il punto di rottura

Nonostante l’esperienza con GTA, ho continuato a cercare di completare ogni gioco al massimo, finché non ho incontrato The Witcher 3. Questo gioco è stato una vera e propria svolta nella mia carriera di gamer. Con un mondo vastissimo e una quantità infinita di missioni, punti interrogativi e collezionabili, The Witcher 3 mi ha portato oltre il limite.

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gta

Non riuscivo a finire una missione senza prima pulire l’intera mappa da ogni punto interrogativo. Il problema è che ogni volta che risolvevo un enigma, ne apparivano altri. Il gioco, pur essendo un capolavoro, è diventato per me una sorta di prigione. Dopo oltre 300 ore di gioco, ho abbandonato The Witcher 3 senza mai completarlo. Il mio desiderio di fare tutto mi aveva completamente esaurito.

Imparare a lasciare andare

Oggi, dopo anni passati a inseguire il completismo, ho imparato che a volte è meglio lasciar andare. Non tutti i giochi devono essere completati al 100%. Non ogni moneta deve essere raccolta, né ogni missione secondaria portata a termine. L’importante è godersi il viaggio, senza lasciare che l’ossessione per i dettagli rovini l’esperienza complessiva.

Se ti riconosci in questa descrizione, sappi che non sei solo. Il completismo è una trappola in cui molti videogiocatori cadono. Ma c’è una via d’uscita: accettare che non tutto deve essere completato e che va bene così.

E tu? Hai mai avuto esperienze simili con il completismo nei videogiochi? Faccelo sapere nei commenti! Seguici su Instagram per altre storie e condividi l’articolo con i tuoi amici se ti è piaciuto!

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