6000 copie in Giappone. Sì, hai letto bene. Sei-mila. Neanche il peggior tie-in anime ha fatto così poco rumore. E infatti a pagare il conto è stato il CEO di SNK, cacciato a pedate e senza nemmeno il tempo di nominare un sostituto. Via, fuori. Fine. Game over.
Ma questa non è solo la cronaca di un flop. È un campanello d’allarme che suona per tutto il genere picchiaduro. Perché se un gioco come Fatal Fury, apprezzato da veterani e pro player tecnici, viene ignorato dal grande pubblico… c’è qualcosa che non va.
Un gameplay clamoroso, un disastro commerciale
Il nuovo Fatal Fury non è perfetto, ma a livello di gameplay è roba da far tremare le mani. Profondo, tecnico, sfaccettato. Non uno di quei titoli che puoi buttonmashare mentre scrolli TikTok, insomma.
Eppure in Giappone ha venduto meno di Gollum. GOLLUM, capito?
Nel paese che ha inventato i picchiaduro. Dove un tempo si veneravano nomi come Daigo, Tokido, Mago. Dove ogni salto in avanti nel genere partiva da lì. Adesso? Drive Rush, Throw Loop, spettacolo sopra tutto. E chi fa un gioco davvero solido… lo affonda.
Il Giappone detta ancora legge (purtroppo)
Street Fighter 6 domina. Fa i numeri. I tornei esplodono. E SNK? Si lecca le ferite, con i suoi 6K venduti. Perché è inutile girarci intorno: il trend lo fa il Giappone. Non noi europei, non l’America. Se laggiù decidono che vince l’accessibilità, vince davvero. E chi prova a fare qualcosa di diverso… viene messo da parte.
I giocatori hardcore giapponesi ci sono ancora – Kindevu, Nemo, Punc – ma sono una minoranza. Il grosso della community vuole vincere facile. E chi prova a proporre qualcosa di “difficile” viene trattato come un boomer che non ha capito il mercato.
E ora? SNK è in crisi, e gli altri seguiranno il modello Capcom
Il rischio è che questo flop mandi un messaggio chiaro: “Se non sei Street Fighter, non vali un c***o.”
- Virtua Fighter 6? Rischia di correre dietro al trend.
- Tekken? Già traballa.
- SNK? Potrebbe cedere del tutto al modello “casual first, gameplay poi”.
E noi, nel mezzo, costretti a scegliere tra giochi super accessibili ma privi di spina dorsale o piccoli capolavori ignorati dal mercato.
La community è spaccata
I pro campano su Street Fighter 6, gli streamer pure. I casual deluxe – quelli che sanno due combo e credono di essere Fenrir – godono a battere chi gioca da dieci anni. E appena una patch ridà un po’ di equilibrio, via a piangere perché “non vinco più”.
Nel frattempo, i veri giocatori tecnici si spostano su Fatal Fury o spariscono.
E no, non è nostalgia. È che un tempo c’era spazio per tutti. Ora, se il tuo gioco non fa da subito 50k utenti su Steam, sei già morto. Con buona pace della profondità, dei sistemi, del netcode.
Tiriamo le somme (prima che tirino giù il genere)
SNK ha provato a fare il suo Expedition 33 nel mondo dei picchiaduro. Ci ha provato davvero. Ma il mercato non era pronto. O peggio: non lo voleva proprio. Ora che il CEO è saltato, è lecito aspettarsi un’inversione a U. Più semplificazioni, più contenuti “social friendly”, meno ciccia.
E a questo punto, la domanda è semplice:
Vogliamo davvero un futuro fatto solo di Street Fighter, avatar col cappellino e combo automatiche?
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Tu come la vedi? Sei uno di quelli che sogna ancora un picchiaduro tecnico, o ti sei arreso al circo delle hitbox giganti e delle skin da 19,99?
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Game Over o Continue? Tocca a te.