Ubisoft è in ginocchio, ma i Guillemot non mollano il potere. Anzi, lo raddoppiano.
Il 16 luglio 2025, nel mezzo della peggiore crisi finanziaria della sua storia, il CEO Yves Guillemot ha nominato suo figlio Charlie Guillemot co-CEO di una nuova sussidiaria creata in collaborazione con Tencent. Il nuovo polo controllerà le IP più importanti del publisher francese, tra cui Assassin’s Creed, Far Cry e Rainbow Six.
È un passaggio storico. Ed è anche un gigantesco dito medio a fan, investitori e dipendenti. Perché questa mossa ha un nome preciso: nepotismo.
Il figlio del capo, fresco di fallimento NFT
Charlie Guillemot non è un volto nuovo nell’universo Ubisoft. È cresciuto dentro l’azienda di papà, ha guidato Owlient (divisione mobile), e nel 2023 ha lasciato tutto per inseguire la moda del momento: il Web3.
Ha fondato Unagi, startup NFT con partner Binance, spingendo progetti a base di anime avatar, fantasy sport e AI. Il risultato? Un disastro completo. Il mercato è imploso, i progetti sono evaporati, e Charlie è rientrato da perdente silenzioso in Ubisoft nel 2025, ripescato nella “transformation committee”.
Ora, appena pochi mesi dopo, guida la nuova entità da co-CEO operativo al fianco di Christophe Derennes, storico dirigente nordamericano. Solo che Derennes ha 35 anni di esperienza. Charlie ha un cognome.
Le IP migliori? Sotto Tencent (ma controllate da Ubisoft)
La nomina fa parte di un accordo firmato il 27 marzo 2025 con Tencent, il colosso cinese già partner e azionista minore di Ubisoft. L’accordo prevede la creazione di una nuova sussidiaria che gestirà le IP principali del publisher.
Tencent investirà 1,16 miliardi di euro per ottenere:
- una quota del 25% nella nuova società
- licenza esclusiva e perpetua per lo sfruttamento commerciale delle IP nel mondo
- diritto di veto su decisioni chiave (minority protection)
- un vincolo di lock-up quinquennale
Ubisoft mantiene la maggioranza e la governance. Ma in sostanza, è Tencent ad aver messo il cash sul tavolo. E sarà Tencent a incassare royalty annuali stimate sopra gli 80 milioni di euro, secondo il Wall Street Journal.
Il valore stimato della sussidiaria? Quasi 4 miliardi di euro, superiore alla capitalizzazione attuale di tutta Ubisoft, che arranca a 3,1 miliardi dopo il crollo in borsa.
Cioè: l’unica parte dell’azienda che ancora vale qualcosa… è stata impacchettata e legata a una corda cinese.
“Quello che conta non è il mio nome”
Charlie Guillemot ha commentato la nomina con un comunicato liscio come l’olio:
“Quello che conta non è il mio nome, è il lavoro che ci aspetta.”
Una frase da manuale per il perfetto nepobaby.
Sui social è esplosa la rabbia: “Questo è l’emblema di tutto ciò che non funziona nell’industria”, si legge su Reddit. Su X la tag “#GuillemotDynasty” è tornata a girare con forza.
Molti vedono nella sua promozione il simbolo di una Ubisoft che rifiuta ogni autocritica, aggrappandosi a una gestione familiare fallimentare nonostante anni di licenziamenti, flop e progetti abortiti.
Crisi nera: licenziamenti, vendite a ribasso e flop AAA
La nomina di Charlie arriva mentre Ubisoft continua a tagliare.
Solo il 9 luglio 2025, il publisher ha licenziato 19 persone da Red Storm Entertainment, team storico di Ghost Recon e Star Trek: Bridge Crew. Dal 2022 i licenziamenti totali hanno superato le 3.000 unità.
Nel frattempo:
- Assassin’s Creed Shadows ha ricevuto recensioni miste e vendite inferiori alle aspettative
- XDefiant è scomparso dopo l’hype iniziale
- Star Wars Outlaws ha ricevuto un’accoglienza fredda alle ultime preview
- I ricavi continuano a scendere trimestre dopo trimestre
Ubisoft ha annunciato un piano per ridurre i costi fissi di 200 milioni di euro entro l’anno fiscale 2025-26. Ma sembra chiaro che il problema non siano solo i costi. Il problema è la direzione.
Gli investitori vogliono lo scalpo
Il Tencent deal, secondo molti azionisti, è una svendita in piena regola.
Fondazioni d’investimento come AJ Investments stanno già preparando lettere pubbliche e azioni legali per richiedere:
- la vendita completa delle IP a Tencent (non solo licenze)
- una rivalutazione dell’accordo ad almeno €15 per azione
- un cambio di governance che escluda i Guillemot
Secondo loro, il nuovo assetto non fa che frammentare l’azienda, creando un doppio comando che serve solo a mantenere la dinastia familiare al potere.
Nepotismo travestito da “trasformazione”
Questa non è solo una brutta figura. È un colpo diretto alla fiducia di chi lavora o investe in Ubisoft.
Perché mentre i team vengono smantellati, le IP affidate a capitale straniero e i giochi zoppicano, la famiglia Guillemot non fa un passo indietro. Anzi: promuove se stessa.
Un figlio reduce dal fallimento nel Web3 viene rimesso al timone di quello che resta dell’azienda. Con un comunicato vago, nessuna assunzione di responsabilità, e la solita retorica corporate su “vision” e “trasformazione”.
Ubisoft può ancora salvarsi?
La risposta è: forse. Ma non così.
Il deal con Tencent potrebbe dare fiato nel breve termine, ma il controllo creativo e strategico è sempre più opaco. E finché le decisioni resteranno in mano a una famiglia che ha portato Ubisoft sull’orlo del baratro, ogni sussulto rischia di essere solo un’illusione.
Il pubblico è stanco. Gli sviluppatori sono esausti. Gli azionisti sono sul piede di guerra.
E ora anche i fan più fedeli iniziano a guardare altrove.
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