Immagina di voler comprare un gioco su Steam. Niente di illegale, solo un titolo un po’ spinto, magari una visual novel giapponese con contenuti maturi. E ora immagina che, puf, il gioco sparisce. Non perché Valve ha cambiato idea. Non perché è stato bannato da una legge. Ma perché Visa e Mastercard hanno detto no.
Benvenuti nel 2025, dove i processori di pagamento sono i nuovi censori.
Steam cancella quasi 500 giochi: colpa delle carte di credito?
Tutto è cominciato a metà luglio, quando Valve ha aggiornato le linee guida per i publisher su Steam. Dentro c’era una frase nuova: d’ora in poi, i contenuti dovranno rispettare anche “le regole dei nostri partner bancari e dei processori di pagamento”.
Risultato? Un’ondata di titoli adult-only, in gran parte giapponesi, è stata rimossa in blocco. Alcuni parlano di 480 giochi spariti nel giro di 48 ore. E no, non si trattava di roba illegale o violenta: erano semplicemente etichettati con tag ritenuti “sensibili”.
Valve non ha fatto nomi, ma diversi sviluppatori hanno confermato dietro le quinte che a minacciare il blocco delle transazioni sarebbero state proprio Visa e Mastercard.
Il ruolo di Collective Shout: attivisti o moralisti?
E poi c’è Collective Shout, gruppo femminista australiano fondato nel 2009, noto per la campagna che fece ritirare GTA V da Target Australia. Loro non solo si sono detti responsabili della rimozione dei giochi, ma lo hanno anche celebrato pubblicamente come una vittoria contro “l’industria della pornografia videoludica”.
Il loro metodo? Bypassare sviluppatori e piattaforme, colpendo direttamente chi gestisce i pagamenti. Hanno inondato Visa, Mastercard e persino PayPal di segnalazioni e petizioni, accusandoli di “facilitare contenuti violenti e degradanti”.
E no, non parliamo di reali abusi, ma di fiction.
Il gruppo è riuscito ad attivare quelle che le banche chiamano brand protection policies: politiche interne pensate per evitare qualsiasi associazione pubblica con contenuti “a rischio reputazionale”.
Giappone furioso: è censura culturale?
Chi ci ha rimesso di più? I developer giapponesi.
Titoli che in Giappone sono perfettamente legali e accettati dalla cultura pop locale sono stati tagliati fuori dai mercati occidentali. Il senatore giapponese Taro Yamada ha definito l’episodio un attacco alle esportazioni culturali del suo Paese. E anche Yoko Taro, creatore di Nier, ha espresso forte preoccupazione: “un Paese non può imporre la propria morale sugli altri con un clic”.
Insomma, un conto è la localizzazione. Un altro è l’esclusione.
Perché Visa e Mastercard hanno così tanto potere?
Perché controllano oltre il 90% delle transazioni con carta. Se minacciano di chiuderti i rubinetti, crollano gli incassi. È successo già nel 2021 con Mastercard che impose nuove regole agli abbonamenti per adulti (ricordi il panico su OnlyFans?).
Ora il copione si ripete: i colossi finanziari diventano arbitri morali, senza passare né da leggi né da tribunali.
In Europa ci sono leggi antitrust che potrebbero mettere un freno. Ma nel resto del mondo? Il Far West.
La community non ci sta
La reazione è stata immediata.
Petizioni su Change.org, VTuber che raccolgono fondi per l’ACLU, meme al vetriolo contro Collective Shout. E i gamer hanno iniziato a parlare di boicottaggio: carte prepagate, metodi alternativi, appelli per sistemi di pagamento decentralizzati.
Anche streamer noti come MoistCr1TiKaL e Asmongold hanno amplificato le critiche, con richieste di indagini antitrust su Visa e Mastercard. Su X (ex Twitter) alcuni hanno ironizzato: “Australiani che decidono cosa possiamo giocare in Europa o America? No grazie.”
E ora? Possibili scenari futuri
Il Giappone ha già avviato un’indagine. Se l’azione sarà considerata una pratica commerciale scorretta, potrebbero esserci conseguenze diplomatiche.
In parallelo, alcune software house stanno cercando nuove vie di distribuzione, anche tramite blockchain o marketplace indipendenti.
Ma la verità è questa: finché i pagamenti passeranno da un oligopolio, la libertà creativa sarà sempre a rischio.
Non è solo questione di giochi
Certo, tutto è partito da visual novel e titoli di nicchia. Ma chi ci dice che domani non toccherà a Cyberpunk, GTA VI o qualsiasi gioco che mostri il lato sporco dell’umanità?
Una volta che lasci decidere alle banche cosa è accettabile o no, hai perso più di un gioco: hai perso la possibilità di raccontare storie diverse, anche disturbanti, anche scomode.
E tutto questo… senza che sia mai intervenuto un giudice.
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