Silksong è finalmente realtà, e già dal day one ha diviso i fan in due categorie: chi urla al capolavoro e chi, invece, sta urlando… dal dolore. Il motivo? La difficoltà brutale del nuovo viaggio di Hornet. Niente compromessi. Nessuna pietà. E no, non c’è un livello “easy”.
E mentre qualcuno applaude la scelta hardcore, altri si stanno chiedendo se Team Cherry non abbia calcato troppo la mano. Spoiler: l’inizio non fa sconti.
Un inizio che ti prende a schiaffi

La prima cosa che noti? Hai solo 5 punti vita, e praticamente ogni nemico serio ti leva due pip al colpo. Tradotto: sbagli tre volte, sei già al tappeto.
Chi arriva da Hollow Knight dopo anni (o addirittura lo gioca per la prima volta) si ritrova catapultato in una giungla di boss iper aggressivi, nemici velocissimi, e scontri pensati per spezzarti il ritmo, la fiducia e probabilmente anche il controller.
E la cosa più frustrante? I runback. Ogni volta che muori (spoiler: succede spesso), devi rifarti il tragitto. E non parliamo di due salti e via: piattaforme, trappole e mob piazzati apposta per farti sbagliare. Sembra di essere tornati ai tempi delle “prove di resistenza” del primo gioco, solo che qui la tolleranza è zero.
La mod “facile” arriva subito: segnale o sintomo?
Meno di 48 ore dopo il lancio, su PC spunta la prima mod “easy”. Non è una cheat mode, non ti rende immortale. Riduce “solo” i colpi da 2 a 1. Ma tanto basta per rendere la prima parte del gioco molto più gestibile.
Questo dettaglio dice tutto: Silksong non è per tutti, e chi vuole una sfida rilassata dovrà aspettare (o smanettare). Su console, per ora, non c’è scampo.
Team Cherry, per ora, non ha annunciato patch correttive o modalità alternative. E probabilmente non lo farà mai. Chi entra a Pharloom, entra consapevole. O rimbalza.
Difficile, ma leale? Il dibattito è acceso
La verità è che Silksong non è ingiusto. Il gioco è tosto, sì. Ma costruito con cura. I nemici telegrano i colpi, i boss hanno pattern leggibili, le hitbox sono pulite. Quando perdi, raramente puoi dare la colpa al gioco.
Il punto dolente è la gestione della fatica mentale. Molti boss hanno fasi multiple, cambiano stile nel mezzo, inseriscono attacchi ambientali o trappole mentre combatti. Ti sfiancano. E non puoi permetterti di staccare un attimo.
Una critica ricorrente (e sensata)? L’assenza di checkpoint vicini. Su Reddit e YouTube in tanti invocano il modello Elden Ring, dove le Stake of Marika evitano la camminata della vergogna. Qui invece, ogni tentativo è un pellegrinaggio. Che ti fa venire voglia di chiudere il gioco e aprire Netflix.
Elogio della difficoltà? O ostacolo all’accessibilità?
L’autore del video lo dice chiaro: Silksong è molto più difficile del primo Hollow Knight. E lo dice anche FightingCowboy, youtuber specializzato in soulslike: il gioco è “legit way more challenging”. La sfida non è solo nei numeri. È nella struttura, nei ritmi, nella quantità di pressione che ti tiene addosso. Sempre.
Questo ha senso per il pubblico hardcore. Ma cosa succede a chi si avvicina per la prima volta? O a chi cerca un’esperienza meno stressante? Per ora, non ci sono alternative ufficiali.
E se da una parte questo rafforza l’identità del gioco, dall’altra limita la platea. È un rischio calcolato? O un errore strategico?
GOTY sì, ma non per tutti
L’entusiasmo intorno a Silksong resta alto. Alcuni lo danno già come candidato a gioco dell’anno. L’autore del video però sposta la sua attenzione su Expedition 33, altra produzione indie molto attesa. Il confronto? Forse prematuro. Ma è indicativo: Silksong colpisce, ma non accoglie.
Il gioco è bellissimo, stilisticamente impeccabile, con animazioni che sembrano disegnate a mano da un samurai del pixel. Ma la sua natura esclusiva e selettiva lo rende un’esperienza non per tutti.
E va bene così. Ma lo devi sapere prima di entrare.
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