Fino a qualche anno fa, l’idea che un gioco cinese potesse spaccare le classifiche mondiali era quasi fantascienza. Oggi invece ci troviamo davanti a un piccolo terremoto videoludico. Si chiama Black Myth: Wukong, è un action RPG singleplayer ispirato ai Souls, e ha appena venduto 10 milioni di copie in 3 giorni. Boom. Numeri da Elden Ring, mica indie di nicchia.
Ma la vera domanda è un’altra: questo successo isolato è l’inizio di qualcosa? Oppure solo un colpo di fortuna? Spoiler: no, non è fortuna. È un cambio di rotta culturale, industriale e persino politico.
Un AAA cinese che gioca nel campionato dei grandi
Wukong non è solo il primo vero AAA cinese console+PC a farcela. È anche il secondo gioco più giocato su Steam per utenti simultanei, dietro solo a PUBG. Ed è ancora fuori da Xbox, dove uscirà ad agosto. Ma già così ha riscritto le regole.
Fino a ieri, la narrativa dominante era che in Cina si sviluppavano solo mobile game, MMO o gacha. E non era nemmeno tanto sbagliata: per 15 anni le console sono state vietate nel paese, e l’intero mercato ruotava intorno agli smartphone.
Tutto questo è cambiato nel 2015. E ora che il blocco è sparito, anche i soldi e i talenti si stanno spostando. Il mercato vale quasi 400 miliardi di yuan (contro i 10 miliardi del 2003). E con 674 milioni di giocatori, la Cina è di fatto il più grande bacino di gamer al mondo.
Il dopo-Wukong: ondata di action RPG
Quello che è successo dopo il lancio di Wukong è impressionante. Gli studi cinesi hanno alzato la posta, gli investitori hanno cominciato a credere, e il pubblico occidentale ha smesso di storcere il naso.
Oggi c’è una nuova wave di giochi d’azione made in China, tra cui:
- Phantom Blade Zero
- Tides of Annihilation
- AI Limit
- Lost Soul Aside
- Wu Chang: Fallen Feathers
- Echoes of Yei
Tutti diversi, ma con un tratto comune: combat dinamico, lore profonda, atmosfere mitologiche, e tanta voglia di dire “ci siamo anche noi”.
Alcuni, come Lost Soul Aside, erano in sviluppo da anni. Ma ora, sull’onda di Wukong, hanno trovato terreno fertile.
Più fiducia, più soldi, più team
Prima di Wukong, se proponevi un AAA cinese a un publisher, ti ridevano in faccia. Ora no. Adesso si parla di target da 30 milioni di copie. E i budget si muovono di conseguenza.
Questo ha generato un effetto a catena:
- I team cinesi trattengono talento locale che prima emigrava verso ovest
- Tanti veterani occidentali in fuga da studi in crisi (Ubisoft, Activision, ecc.) trovano lavoro in Cina
- Lo Stato cinese investe direttamente nei progetti, come successo con Phantom Blade Zero, che ha ricevuto fondi per aver usato scansioni 3D di architettura storica
E no, non è tutta propaganda: ci sono studi che lavorano su proprietà intellettuali nuove, senza vincoli di censura pesante. Almeno per ora.
Stile cinese, ma linguaggio universale
Il bello di questi titoli è che non cercano di imitare solo i modelli occidentali. Hanno una loro identità. Wukong prende ispirazione da Journey to the West, ma parla di temi universali: vendetta, redenzione, potere, sacrificio.
Allo stesso tempo, altri progetti fanno il percorso inverso. Tides of Annihilation, ad esempio, è un action ambientato in una Londra distopica, ispirato alla leggenda di Re Artù, ma con estetica e animazioni fortemente orientali. Gli sviluppatori (Eclipse Glow Games) sono cinesi, ma hanno visitato la capitale britannica per studiare i dettagli urbani sul posto. Manco Ubisoft ci va così profondo.
Questo scambio culturale è vitale. È lo stesso che ha reso Sifu un omaggio credibile al kung-fu, pur essendo francese. O che ha fatto amare Ghost of Tsushima anche ai giapponesi, pur essendo made in USA.
Più Soulslike? Nessun problema (per ora)
Una delle critiche che qualcuno solleva è che tutti questi giochi sembrano Soulslike. Combat tosto, worldbuilding criptico, nemici mitologici. Il rischio di saturazione c’è. Ma come fa notare il director di Phantom Blade Zero, è meglio avere dieci giochi singleplayer di qualità che dieci live service clonici e infiniti.
E soprattutto, c’è una cosa che molti ignorano: i giochi finiti vendono meglio quando sono buoni. Non devi giocare Wukong per tutta la vita. Lo finisci, ti piace, e poi cerchi qualcosa di simile. Magari proprio Phantom Blade, o Wu Chang, o altro ancora. La concorrenza, in questo caso, è virtuosa.
Il futuro? Potrebbe essere cinese
Con l’industria AAA occidentale in crisi (vedi licenziamenti, live service che falliscono, publisher impanicati), la Cina si sta prendendo una fetta sempre più grande del mercato. E lo fa senza slogan o hype tossico. Lo fa pubblicando giochi che funzionano.
Wukong è stato solo l’inizio. E per molti studi cinesi, è la dimostrazione che non serve fare il clone di Fortnite per conquistare il pubblico globale. Basta fare un gioco bello, rifinito, completo. Magari con un protagonista che può trasformarsi in un uccello e prendere a mazzate un drago gigante.
Ti basta?
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