Lo hanno detto in mille interviste, podcast, dichiarazioni ufficiali. Lo ha ripetuto Phil Spencer (divisione Xbox) per anni come un mantra: “Game Pass è sostenibile. Game Pass è profittevole”. Ma ora, a sorpresa, arriva la rivelazione che cambia tutto: non lo è mai stato.
E no, non è un rumor campato in aria. È la stessa Microsoft ad ammetterlo, tra le righe. E i conti non tornano più.
Un modello che non regge: il nodo dei costi
L’idea alla base di Game Pass sembrava brillante. Invece di farti pagare 70 o 80 euro per un singolo gioco, ti abboni con pochi euro al mese e accedi a un’intera libreria. Xbox prende quei soldi, li somma a quelli di milioni di altri utenti, e li reinveste in nuovi giochi, acquisizioni, studi. Tutti felici, giusto?
Sbagliato. Il problema? Quei conti rosa e fiori erano truccati. Secondo quanto emerso da fonti interne e documenti aziendali, Microsoft ha sempre ignorato nei suoi calcoli i costi di sviluppo dei giochi first-party. Ha contato solo spese di marketing e licenze terze parti. Tradotto: Game Pass è profittevole… solo se fingi che i giochi non costino nulla da fare.
“Geyser di soldi”: ecco dove finivano
DreamcastGuy, voce molto seguita tra gli youtuber videoludici, non le manda a dire: “Game Pass ha sempre bruciato soldi come un geyser. E adesso è chiaro a tutti”. Basta guardare titoli come Starfield, Halo Infinite, Gears of War, Forza. Produzioni AAA costosissime, mantenute vive per anni, con aggiornamenti, server, patch, community e marketing. Un abbonamento da 10 o 15 euro al mese non può coprire tutto questo.
Eppure per anni Xbox ha detto il contrario. E ora che la verità viene fuori, il sospetto è pesante: Microsoft ha gonfiato le sue dichiarazioni per rassicurare investitori e convincerli a continuare a puntare su Game Pass.
E le 40 esclusive in sviluppo?
Altro punto critico: Microsoft ha dichiarato di avere 40 giochi in sviluppo tra tutti i suoi studi. Anche supponendo che solo un quarto di questi siano AAA, si parla comunque di miliardi di dollari investiti. Come può reggere questo sistema se l’abbonamento non copre nemmeno le spese base?
Un paragone interessante arriva dallo stesso video: “Netflix conta tutto, dai costi di produzione agli attori. Xbox invece fingeva che i giochi si facessero da soli”. E questo ha mandato in tilt l’intero modello.
I fan Xbox ancora difendono l’indifendibile?
Sì, ci sono ancora difensori della causa verde. Alcuni sostengono che la divisione Game Pass sia separata da quella Xbox, o che i costi vadano spalmati su più anni. Ma il dato resta: il modello non è mai stato sostenibile come veniva raccontato.
E oggi è sempre più evidente che Game Pass serviva più a dare prestigio all’ecosistema Microsoft che a vendere giochi. Un’operazione d’immagine, utile per mostrare al mondo che l’azienda non è solo Office e Excel, ma anche entertainment, gaming, controller e studi first-party.
Il rischio: tagli e acquisizioni disastrose
DreamcastGuy chiude con un pensiero che fa riflettere. Cosa sarebbe successo se Xbox avesse davvero acquistato WB, Square Enix o Sega, come si vociferava qualche tempo fa?
Probabilmente avremmo visto studi chiudere, IP cancellate, licenziamenti di massa. Perché? Perché i giochi “non avrebbero rispettato le metriche di Game Pass”.
E invece, per ora, abbiamo solo un servizio che costa un’enormità e rende poco. E una community che si sente presa in giro.
Avevano ragione i critici?
Sì, a quanto pare sì. Gente come Colin Moriarty (di Sacred Symbols), che già anni fa aveva fatto due conti in tasca a Game Pass e parlava di modello in perdita cronica, era stata massacrata online. Oggi quelle analisi sembrano profetiche.
L’impressione è che la verità fosse sotto gli occhi di tutti, ma che la fanbase, gli influencer più vicini a Microsoft e forse anche qualche giornalista abbiano chiuso un occhio. Per convenienza? Per fiducia? Per hype?
Il futuro di Game Pass è ancora scritto?
Game Pass non morirà domani, sia chiaro. Ma la fiducia sì, quella sì che scricchiola. Se Xbox vuole evitare un effetto domino, dovrà rivedere il suo modello. Forse alzare i prezzi, forse ridurre le produzioni, forse tornare a vendere giochi veri.
O magari, chissà, dirci tutta la verità. Per davvero, stavolta.
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