C’è un filo sottile tra genio e frustrazione. Hell Is Us, l’action adventure di Rogue Factor pubblicato da Nacon, cammina proprio lì sopra. È un gioco che non ti prende per mano, ti scaraventa in un mondo devastato da guerra e fantasmi, e ti dice: arrangiati. Nessuna mappa, nessun waypoint, nessun tutorial che ti spieghi cosa fare. O lo ami o lo odi.
Benvenuto a Hidea, il paese che brucia
La storia ti mette nei panni di Remy, doppiato da Elias Toufexis (la voce di Adam Jensen in Deus Ex). La sua missione è semplice: entrare nello stato immaginario di Hidea per ritrovare la famiglia. Ma Hidea non è un posto qualsiasi. È una nazione dilaniata da una guerra civile eterna tra due fazioni religiose, i Sabinians e i Palomists, e infestata da presenze sovrannaturali.
Il design di Rogue Factor non è casuale: trincee fangose, città in fiamme, bunker scientifici e templi medievali richiamano conflitti reali come Bosnia, Kosovo, Ucraina e Gaza. Un inferno sospeso tra Medioevo e anni ’90, dove ogni angolo racconta di propaganda, odio e disumanizzazione. Non ci sono vincitori, solo vittime.

Atmosfera che ti schiaccia
La prima cosa che senti non è musica, ma rumore. Hell Is Us usa un paesaggio sonoro inquietante: sibili, ronzii metallici, eco distorti. Un soundscape che trasforma l’esplorazione in un incubo percettivo.
Visivamente, Hidea è un mosaico disturbante. Trincee sommerse dal fango, edifici divorati dalle fiamme, villaggi ridotti a macerie. Ogni area ha colori e identità precise, dal verde marcio delle paludi alla luce malata delle catacombe. Non è solo estetica: è un colpo allo stomaco.
Niente mappa, niente aiuti
Qui arriva la scelta più coraggiosa (e più discussa): non esiste una mappa. Non hai minimappa, non hai bussola, non hai segnalini. Se un NPC ti dice “da bambino andavo in una grotta vicino alla mia vecchia casa”, ore dopo potresti davvero trovare quella grotta. Ma solo se ti ricordi le sue parole.
Il gioco pretende che tu sia attento. Che ascolti, osservi e prenda appunti. Molti giocatori hanno raccontato di tenere un taccuino a fianco: nomi, luoghi, indizi, chiavi da usare chissà dove.
È un design che ti immerge e ti costringe a pensare. Ma è anche un muro contro cui qualcuno andrà a sbattere. Se sei abituato a open world alla Ubisoft con 200 icone sulla mappa, qui rischi di mollare dopo due ore.
Enigmi e dungeon da vecchia scuola
Gli enigmi sono il cuore di Hell Is Us. Porte chiuse, chiavi misteriose, codici nascosti in documenti. Anche un semplice orsetto di peluche può trasformarsi in oggetto chiave ore dopo. Nulla è decorativo, tutto è potenzialmente vitale.
I dungeon sono un tripudio di labirinti: cripte medievali, laboratori abbandonati, templi sepolti. Non esiste una planimetria. Devi orientarti a memoria, come nei survival horror anni ’90. A volte è affascinante, a volte esasperante.
Ci sono poi i Time Loops, cupole spettrali in cui eventi traumatici si ripetono all’infinito. Per chiuderli servono prismi speciali, ma il gioco non ti dice quale finché non arrivi lì. E trovare i prismi è un altro mistero: possono essere ovunque.
Missioni che non perdonano
Le quest secondarie, chiamate Good Deeds, partono spesso da un dettaglio buttato lì o da un oggetto raccolto senza contesto. Molte sono a tempo: se non agisci subito, falliscono. E il gioco non ti avvisa.
Vuoi un esempio? Un personaggio ti dice che morirà senza le sue pillole. Se non le trovi in tempo, quando torni lo troverai morto. Nessun “Game Over”, nessun reload: la vita va avanti. Crudele, ma coerente con il mondo che racconta.
Combattimento: tra Souls e Bloodborne
A prima vista qualcuno potrebbe chiamarlo soulslike. C’è la stamina, ci sono le schivate, c’è il terzo-persona. Ma la verità è che il combat di Hell Is Us è molto più semplice.
Le armi sono quattro: spada, asce gemelle, alabarda e spadone. Ognuna con mosse e ritmo diversi. Le puoi potenziare e legare a emozioni-colori che danno buff elementali.
La vera trovata è l’Healing Pulse: colpendo i nemici rilasci particelle che si raccolgono attorno a te. Se premi il tasto giusto al momento esatto, recuperi vita proporzionale al danno inflitto. È un meccanismo che ti spinge ad attaccare invece che arretrare, molto simile al Rally System di Bloodborne.
C’è anche un drone di supporto che sblocca abilità extra. Ma non basta a compensare il vero difetto: la poca varietà di nemici. Cinque-sei archetipi (grunts, bruti, volanti, quadrupedi veloci, qualche variante elementale) e basta. Pochi boss, pochi picchi di difficoltà.
Il combat funziona, non è rotto, ma diventa presto ripetitivo. È un sistema che ha basi solide, ma manca di carne.
Performance e tecnica
Il gioco è stato venduto come “AA” a prezzo ridotto (circa 50 euro). Nonostante questo, gira bene. Testato su PC e perfino su Steam Deck, non mostra bug critici né crash frequenti. Una buona notizia, considerando che un titolo così ostico sarebbe insopportabile se anche instabile.
Pregi e difetti
Cosa funziona:
- Atmosfera unica e disturbante.
- Libertà totale di esplorazione.
- Worldbuilding ricco di dettagli e misteri.
- Enigmi che premiano la memoria e l’attenzione.
- Storia che riflette sulla guerra e la disumanizzazione.
- Ottima stabilità tecnica.
Cosa non funziona:
- Protagonista anonimo e poco interessante.
- Interfaccia e menù confusi.
- Side quest punitive e mal spiegate.
- Poca varietà di nemici e boss inesistenti.
- Combat ripetitivo sul lungo periodo.
Un gioco che divide
Hell Is Us non è un titolo per tutti. È polarizzante. Alcuni lo adoreranno per la libertà e il senso di scoperta. Altri lo troveranno un incubo frustrante. È il classico gioco che prenderà 5 su 10 da chi si blocca dopo due ore, e 9 su 10 da chi si perde a esplorare ogni anfratto.
C’è chi lo definisce un “Elden Ring narrativo”. Non perché abbia lo stesso combat, ma perché ti butta in un mondo ostile e ti dice: arrangiati. E funziona, se accetti le regole del gioco.
Hell Is Us è sporco, ostile, scomodo. Non ti coccola e non ti fa sconti. È un’esperienza che alterna momenti di pura immersione a momenti di fastidio. Ma è anche un titolo coraggioso, che osa dove tanti altri preferiscono semplificare.
Se cerchi un’avventura lineare e scorrevole, lascia perdere. Se invece vuoi un gioco che ti sfida a pensare, a ricordare, a osservare, allora preparati: questo inferno potrebbe diventare casa tua.
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