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Lettura: Pirate Software e il fantasma di Phil Fish: così si distrugge una carriera
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Pirate Software e il fantasma di Phil Fish: così si distrugge una carriera

Pirate Software è il nuovo Phil Fish? Il paragone regge, e i segnali sono inquietanti. Ecco perché sta rischiando tutto.

13 ore fa
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Quando una community smette di vedere in te un dev indie carismatico e inizia a percepirti come una mina vagante, la caduta è solo questione di tempo. Jason Hall, in arte Pirate Software (o Thor, come ama chiamarsi), è sull’orlo di quel precipizio.
E no, non è un’esagerazione: l’ultimo mese ha perso centinaia di migliaia di iscritti, si è scagliato in live contro i suoi stessi fan, e ha chiuso ogni spazio a un minimo di autocritica.

Contenuti in questo articolo
Dall’indie-eroe al nemico del pubblicoPhil Fish l’aveva già fatto. E l’ha pagata carissimaQuando l’autenticità diventa un’arma a doppio taglioIl successo non basta, se il pubblico si giraLa community può costruirti… e distruggertiPuò salvarsi?

Chi conosce la storia di Phil Fish sa già dove potrebbe finire questa corsa.
Perché sì, ci siamo già passati.

Dall’indie-eroe al nemico del pubblico

phil fish

Hall era uno dei volti più noti dell’indie dev su YouTube e Twitch.
Tutorial, shorts, streaming, trasparenza. Aveva tutto per diventare un simbolo positivo. Ma nell’arco di poche settimane, ha bruciato anni di goodwill.
Il motivo? Una serie di comportamenti tossici culminati in un live in cui, incalzato da un follower che gli chiedeva di scusarsi per aver manipolato il dibattito su Stop Killing Games, ha risposto: “non me ne frega un c*, andate tutti a mangiare m***”**.

Parole che sono diventate virali. E che hanno segnato un punto di non ritorno.

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Phil Fish l’aveva già fatto. E l’ha pagata carissima

Nel 2012, Phil Fish era l’autore di Fez, uno dei titoli indie più amati di sempre.
Un puzzle-platform con stile retro e meccaniche tridimensionali che ha fatto scuola. Ma Fish non era solo un dev: era una presenza pubblica. Troppo pubblica.

Al GDC del 2012, dopo la proiezione di Indie Game: The Movie, gli venne chiesto cosa pensasse dei giochi giapponesi moderni.
Risposta? Secca e brutale: “Your games just suck”.

Scoppiò il finimondo. I media lo massacrarono, i fan si divisero, e lui peggiorò le cose con interviste incendiarie.
Nel 2013, durante un litigio online col giornalista Marcus Beer, twittò: “Confronta la tua vita con la mia e poi ucciditi”.
Fu la fine.

Fez 2 venne cancellato. Fish abbandonò l’industria. Venne hackerato, doxxato, e vendette la sua IP.
Da pioniere indie a esiliato volontario, in meno di due anni.

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Quando l’autenticità diventa un’arma a doppio taglio

phil fish

La somiglianza tra i due casi è inquietante.
Entrambi partono da un’immagine positiva: creatori veri, umani, fuori dagli schemi. Entrambi crescono con il supporto della community. Entrambi, però, scelgono lo scontro costante come cifra stilistica.

Il problema? Internet non dimentica. E se ti mostri fragile o arrogante – o entrambe le cose – prima o poi il boomerang ti colpisce in faccia.

Hall oggi viene visto come Fish nel 2014:

  • ostile,
  • sarcastico con chi gli chiede spiegazioni,
  • incapace di ammettere errori.

I suoi video non parlano più di game design, ma di come zittire i critici.

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Il successo non basta, se il pubblico si gira

Come Fez, anche Thrive – il gioco in sviluppo da Pirate Software – ha ottime carte. Ma non basta avere un buon prodotto.
Se la tua figura pubblica diventa un meme tossico, nessun gioco può salvarti.

Phil Fish l’ha imparato sulla propria pelle. “Se non finisco Fez, mi uccido”, diceva nel documentario. Una frase che oggi suona tragicamente profetica, non per la morte fisica, ma per la cancellazione sociale che ha subito.
Il suo ritiro è diventato una lezione sul prezzo della visibilità senza filtri.

La community può costruirti… e distruggerti

Nell’era dei creator-developer, chi fa giochi non vende solo giochi: vende la propria voce, il proprio volto, la propria narrativa personale.
Ma ogni like ha il suo rovescio. Quando il pubblico sente tradimento, superficialità o disprezzo, il fuoco del fandom si trasforma in fiamme che divorano tutto.

Phil Fish lo disse una volta: “Tutti vogliono vederti cadere, se ti alzi troppo in fretta”.
Hall, oggi, rischia lo stesso destino.

Può salvarsi?

Sì, ma serve un reset totale.
Serve umiltà. Un’ammissione pubblica, vera, senza sarcasmo. Serve ricentrare tutto sul gioco, non sulla personalità.
Serve imparare dai propri errori prima che sia troppo tardi.

Phil Fish scelse di andarsene. Jason Hall è ancora lì. Ma ogni giorno che passa senza cambiare rotta, il pubblico chiude un’altra porta.

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