C’è aria di rivoluzione in casa PlayStation. Ma non è fatta di slogan o di grafica next-gen: è fatta di idee. Dopo anni passati a rincorrere i modelli occidentali, Sony sembra aver capito che l’identità non si compra con gli algoritmi. Si costruisce con la creatività.
E guarda un po’, quella vera viene ancora dal Giappone.
Il segnale è arrivato chiaro: lo State of Play di giugno

Niente più presentazioni fredde, niente più shooter indistinguibili tra loro. Lo State of Play del 2025 ha mostrato qualcosa di diverso. Qualcosa di vivo.
Su 100 minuti di showcase, oltre la metà era roba giapponese: Final Fantasy Tactics Remaster, Silent Hill F, Neo3, Metal Gear Solid Delta, Digimon Story Cyber Slift 2, persino Pragmata, finalmente tornato in scena. Niente facce di plastica, niente traduzioni forzate. I developer parlavano in giapponese, i trailer si facevano capire da soli.
Sembrava un Nintendo Direct. Ma targato Sony.
Il passato che non ha funzionato
Per capire quanto sia drastico questo cambio, basta tornare a maggio 2024: Concord. Il “live service definitivo”, costato tra i 200 e i 400 milioni, pubblicato e ritirato nel giro di 11 giorni. Un disastro che ha portato alla chiusura di Firewalk Studios e altri 900 licenziamenti.
Un gioco costruito per piacere a tutti… e finito per piacere a nessuno.
Nello stesso periodo usciva Astro Bot. Zero armi, zero lootbox, zero cinismo. Solo un platform colorato, divertente e giapponese fino al midollo. Ha vinto tutto, ha venduto milioni, e – soprattutto – ha ricordato a tutti perché ci siamo innamorati di PlayStation.
Jim Ryan e il sogno (fallito) del Netflix videoludico
Il culmine dell’era “californiana” era proprio lui: Jim Ryan, CEO di Sony Interactive Entertainment dal 2019.
La sua visione? Trasformare PlayStation in una macchina da abbonamenti. Serie A di blockbuster narrativi, tutti uguali, tutti pensati per piacere agli investitori prima che ai giocatori.
Via il Japan Studio, dentro i live service.
Via la sperimentazione, dentro il focus test.
Ma il mercato non ha risposto. Ha reagito. Male. E così, nel 2024, Jim Ryan ha lasciato il ruolo. E Sony ha cambiato marcia.
Il Giappone torna al comando
Oggi la guida è Hideaki Nishino, un veterano silenzioso con le idee molto chiare. Insieme a Hermen Hulst (produzione), ha avviato una vera inversione di rotta:
- Più libertà ai team interni
- Più fiducia ai partner giapponesi
- Più spazio a giochi identitari, non a prodotti cloni
Il risultato? PlayStation sta tornando a essere PlayStation.
Non è nostalgia. È mercato.
C’è chi dice che Sony stia tornando in Giappone solo per soldi. Ma anche fosse, che male c’è? Se i numeri premiano la creatività giapponese, forse il pubblico ha parlato chiaro.
Basta vedere i dati:
- Elden Ring ha superato i 30 milioni di copie senza DLC, senza abbonamenti, senza compromessi.
- Palworld, un gioco “impossibile” da catalogare, ha venduto più di 25 milioni di copie.
- Persona 6 ha fatto tendenza mondiale col solo teaser.
- Stellar Blade ha dominato Twitter e Twitch.
Non è un caso. È domanda.
Il futuro si scrive in katakana
Oggi PlayStation non è più solo una macchina per blockbuster occidentali. È tornata a essere un ecosistema dove convivono culture, idee, e stili diversi. I titoli occidentali continueranno ad arrivare – The Last of Us Part III, Fairgame$, Marathon – ma non saranno più l’unica faccia del marchio.
E questo, forse, è il cambiamento più importante.
Perché dopo dieci anni passati a fingere di voler essere qualcun altro, Sony ha ricominciato a essere se stessa.
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