Dopo anni di silenzio, Donkey Kong torna con un platform 3D clamoroso: muscoli, distruzione, trasformazioni folli e uno stile che profuma di leggenda. È il primo vero must-have di Switch 2? Sì. Senza dubbi.
Ci sono giochi che tornano per nostalgia, altri che tornano per dovere. Poi ci sono quelli che tornano per alzare l’asticella, come ha fatto Donkey Kong Bananza su Nintendo Switch 2. Il primo platform 3D dedicato al gorilla più famoso di sempre dopo oltre 11 anni non è solo una bomba ludica: è una dichiarazione d’intenti. Nintendo è ancora la regina quando si tratta di reinventare il divertimento.
Non ci credi? Questo gioco ti fa distruggere mezza mappa con i pugni. Ti trasforma in una zebra turbo, ti butta dentro un gold rush planetario e ti accompagna in un viaggio tra banane luminose e miniere spaziali. Bananza è esattamente quel tipo di titolo che giustifica l’acquisto di una nuova console. Anzi, è molto di più.
Un ritorno col botto
La domanda che ci siamo fatti in tanti: può un Donkey Kong 3D funzionare nel 2025? La risposta breve è sì. Quella lunga è Bananza funziona così bene che ora vogliamo altri dieci giochi con questa struttura.
A livello narrativo, il gioco è semplice ma azzeccato: Donkey Kong parte per una nuova avventura fuori dalla sua isola, inseguendo un misterioso filone d’oro (e banane radioattive) sulla Ingot Island. Ma le cose si complicano quando la Void Company, una megacorp interplanetaria, decide di scavare verso il nucleo del pianeta per esaudire desideri. Indovina chi vuole arrivare per primo?
Nel viaggio ti accompagna Pauline (sì, proprio lei), inizialmente presentata sotto lo pseudonimo di “Odrock”. Il duo funziona alla grande: Donkey spacca tutto, Pauline canta e attiva meccanismi, e insieme affrontano una valanga di livelli ambientati in strati geologici sempre più assurdi.
Libertà totale, zero limiti
Strutturalmente il gioco prende tantissimo da Super Mario Odyssey, e non è un caso: lo sviluppa lo stesso team di Nintendo EPD Tokyo. Ma Bananza ha un’identità tutta sua, più muscolare, più caotica, più “donkey”.
Ogni area di gioco è uno “strato” del pianeta. Si inizia con la laguna, si passa a canyon, zone innevate, giungle vive e altri biomi ancora più assurdi nella seconda metà del gioco. Ma la vera rivoluzione è che tutto, ma proprio tutto, si può distruggere.
Non stiamo parlando di gimmick: Donkey può abbattere rocce, scavare nel terreno, aprirsi varchi a suon di pugni e rivelare collezionabili, tesori e scorciatoie. È come se Bananza prendesse la libertà esplorativa di Odyssey e ci aggiungesse una dose massiccia di fisicità. La mappa non è uno sfondo: è un terreno da scolpire.
Ogni scoperta dà una ricompensa. Pepite, fossili, banane d’oro, minigiochi, NPC bizzarri e tanto altro. L’esplorazione è sempre premiata, e anche dopo 30 ore continui a dire “solo un altro tunnel…”. Lo sappiamo bene.
Vuoi vedere com’era il gioco nelle prime impressioni? Leggi anche la nostra anteprima qui: Donkey Kong Bananza: il nuovo action – anteprima
Trasformazioni, potenziamenti e stile
Altro elemento chiave sono le trasformazioni Bananza. Donkey può cambiare forma temporaneamente grazie a poteri ottenuti durante l’esplorazione. Alcuni esempi? Kong gigante che distrugge qualsiasi cosa, zebra iperveloce per correre su terreni fragili, struzzo per planare tra le piattaforme.
Il tutto condito da animazioni assurde e musichette che ti si piantano in testa (il tema dello Zebra Kong è già culto). Peccato solo che alcune di queste forme si usino un po’ troppo poco. Sarebbe stato interessante spingerle oltre anche nel post-game.
Ma non finisce qui. Ogni cinque banane d’oro ottieni un punto abilità, e puoi sbloccare potenziamenti in otto alberi diversi: salute, durata dei poteri, visione ambientale, raccolta automatica… tutti ben bilanciati e apprezzabili, soprattutto nei livelli avanzati. In più puoi trovare Fossili e usarli per acquistare outfit per Donkey e Pauline: non solo estetici, ma anche con bonus passivi.
Durata e contenuti? Da record
La main quest ti tiene incollato per almeno 10 ore, ma se vuoi completare tutto (e ti assicuro che lo vorrai), superi tranquillamente le 50 ore. Il design dei livelli è talmente denso che ogni area diventa un sandbox da smontare pezzo per pezzo. E non parliamo solo di collezionabili, ma anche di sfide secondarie, percorsi alternativi, puzzle ambientali e sezioni in 2D stile Donkey Kong Country.
Le missioni sono sempre varie: si va dalle prove di precisione a trasporti di cuccioli, dal combattimento a ostacoli temporizzati alle gare acrobatiche. Ogni elemento è pensato per tenerti sempre stimolato, senza ripetersi.
In più, il gioco non forza mai il grinding. Non devi raccogliere 100 banane per andare avanti. Ti basta completare l’obiettivo principale di ogni strato per sbloccare quello successivo. Il ritmo resta fluido, senza mai diventare un lavoro.
Co-op, accessibilità e modalità extra
C’è anche una modalità cooperativa. Uno controlla Donkey Kong, l’altro Pauline (in forma di cursore). Non è co-op tradizionale, ma una sorta di supporto attivo: Pauline può sparare su oggetti o nemici per aiutare Donkey.
Per i meno esperti o per i più piccoli, è presente una modalità assistita. Energia che si rigenera, obiettivi evidenziati, tempo extra per le sfide: perfetta per rendere il gioco accessibile a tutti.
Peccato manchino opzioni avanzate di accessibilità (niente supporto per daltonici, ad esempio). Una lacuna da segnalare, vista l’eccellenza del resto.
Infine c’è il “DK Artist Mode”, un mini-editor in cui puoi scolpire e colorare forme come la testa di Donkey o banane giganti. Niente di rivoluzionario, ma è un momento zen in mezzo alla frenesia.
Prestazioni e grafica: Switch 2 si difende bene
Tecnicamente, Donkey Kong Bananza gira bene. Su Switch 2 il gioco mantiene 60 fps stabili per la maggior parte del tempo, con qualche piccolo calo in sezioni molto cariche. Nulla che rovini l’esperienza.
La grafica è coloratissima e vivace, con stile cartoon che strizza l’occhio a Odyssey, ma il dettaglio non è sempre altissimo. Si nota che il progetto era nato su Switch 1, poi spostato. Alcune texture ambientali e certi effetti sono un po’ datati. Ma l’impatto visivo complessivo è ottimo, e il focus resta sull’interattività, non sulla fotorealismo.
In ogni caso, puoi approfondire tutto il discorso visivo e creativo qui: Donkey Kong Bananza e l’Odyssey dei gorilla
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