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Opinioni e EditorialiNotiziaIn vetrina

Inclusività e cambiamenti nei videogiochi: il caso Avowed

L'industria dei videogiochi è cambiata, spingendo verso più diversità e inclusione. Ma è davvero un cambiamento positivo per tutti?

5 mesi fa Commenta! 4
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Negli ultimi anni, l’industria dei videogiochi è cambiata molto, puntando sempre di più sulla diversità e l’inclusione. Questo approccio è stato apprezzato da molti, ma ha anche suscitato qualche polemica, come nel caso di Matt Hansen, direttore artistico di “Avowed“, un nuovo gioco di Obsidian Entertainment e Xbox.

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In un post sui social, Hansen ha detto che vuole ridurre il numero di persone bianche nell’industria dei videogiochi per dare più spazio a voci diverse. Questo ha provocato reazioni contrastanti: alcune persone pensano che sia un cambiamento necessario, mentre altre lo vedono come una nuova forma di discriminazione.

avowed

Il messaggio di Hansen fa parte di un movimento più ampio, in cui molte aziende cercano di aumentare la rappresentanza di gruppi storicamente esclusi, come donne e persone di colore. Hansen ha anche offerto supporto agli artisti neri interessati a lavorare nel settore, dichiarando che i suoi messaggi privati sono aperti per consigli e revisioni dei loro lavori. Molti hanno accolto questa apertura come un passo importante verso l’inclusione, mentre altri temono che possa finire per escludere persone altrettanto meritevoli.

Questa situazione è diventata un tema caldo nel dibattito sull’inclusività nei videogiochi. La sfida è capire come rendere l’industria più giusta per tutti senza rischiare di escludere qualcuno. Trovare il giusto equilibrio tra inclusività e meritocrazia è davvero difficile, e casi come questo lo rendono evidente.

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Elon Musk ha commentato la questione su un social media alternativo, definendo le parole di Hansen “razziste” verso i bianchi. Musk ha dichiarato: “Ogni forma di discriminazione, che sia per etnia, genere o altro, deve essere condannata senza eccezioni.” Questo intervento ha acceso ancora di più il dibattito, dividendo le opinioni su quanto l’inclusività dovrebbe influenzare la creatività e lo sviluppo dei giochi.

Dall’altra parte, molti sostenitori della giustizia sociale credono che avere una rappresentazione più diversificata nei team di sviluppo possa portare a giochi più interessanti e completi, che rispecchiano meglio la varietà di esperienze umane. In questo senso, il supporto di Hansen agli artisti neri e queer viene visto come un passo positivo per rompere le barriere che hanno a lungo escluso certe persone dall’industria.

È importante anche pensare al contesto storico: l’industria dei videogiochi è stata dominata a lungo da uomini bianchi, e questo ha influenzato le storie raccontate e i personaggi rappresentati. Aprire la strada all’inclusione non significa discriminare qualcuno, ma piuttosto dare spazio a voci che in passato sono state spesso ignorate.

Il futuro dei videogiochi

Il caso di “Avowed” e le dichiarazioni di Matt Hansen sono esempi di come l’industria stia cambiando. Non si tratta solo di rappresentare meglio i personaggi nei giochi, ma anche di chi crea quei giochi. Un buon esempio è “The Last of Us Part II” di Naughty Dog, che è stato elogiato per la sua rappresentazione diversificata sia nei personaggi che tra chi ha lavorato al gioco. Questo dibattito sull’inclusività ci mostra quanto sia difficile trovare un equilibrio tra chi vuole cambiamenti radicali e chi teme che questo possa portare a nuove ingiustizie.

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L’obiettivo dovrebbe essere un’industria che valorizza il talento di tutti, senza distinzione di etnia, genere o orientamento sessuale, e che dia a ognuno l’opportunità di fare del proprio meglio. L’inclusione non dovrebbe escludere nessuno, ma creare una comunità più ampia e rappresentativa, capace di creare giochi che parlino a tutti.

E tu, cosa ne pensi? Preferisci che l’industria resti com’è o sei favorevole a questi cambiamenti? Faccelo sapere nei commenti e continua a seguirci sui nostri canali social per restare aggiornato sulle ultime novità del mondo dei videogiochi.

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