Nintendo e leak: un matrimonio che non s’ha da fare. La storia del CES 2025 lo dimostra alla grande, con un episodio che ha visto protagonista Genki, azienda nota per accessori da gamer, finita sotto le grinfie legali di Kyoto dopo aver osato troppo. E quando dici “troppo”, significa arrivare a portare sullo show floor un mock-up della Nintendo Switch 2 con tanto di loghi e branding, prima ancora che la console fosse ufficialmente presentata.
CES 2025: lo stand che non doveva esserci
Genki si è presentata a Las Vegas con uno stand pieno di accessori dedicati a Switch 2. Non solo: i prodotti erano esposti accanto a un modello della console, con il logo ufficiale ben in vista. L’azienda arrivò persino a dichiarare di aver messo le mani su un’unità acquistata sul mercato nero. Una provocazione? Può darsi, ma davanti al pubblico e ai media il messaggio fu chiaro: loro avevano la nuova console prima di tutti.
Il dettaglio che ha reso la vicenda ancora più delicata è che le dimensioni mostrate da Genki erano corrette. Non era solo marketing aggressivo, ma un leak mascherato da esposizione. E Nintendo, che da sempre difende con le unghie il suo hardware e i suoi marchi, non ha gradito per niente.

La sparizione improvvisa
Il giorno dopo, lo stand di Genki non c’era più. Smontato nel cuore della notte, lasciando i visitatori del CES a chiedersi cosa fosse successo. La risposta è semplice: Nintendo aveva già messo in moto i suoi legali. E per chi conosce la storia della compagnia, era solo questione di tempo prima che arrivasse il colpo di martello.
La causa in tribunale
A maggio 2025 Nintendo ha depositato ufficialmente la causa contro Genki (Human Things), accusandola di violazione di marchio, concorrenza sleale e pubblicità ingannevole. Il punto centrale: Genki non aveva nessun diritto di presentarsi come partner ufficiale né di esporre prodotti collegati a un hardware non ancora annunciato.
Le dichiarazioni dell’azienda hanno peggiorato la situazione. Prima l’allusione al possesso di una Switch 2 “black market”, poi la ritrattazione parlando di un semplice mock-up basato su leak già circolati. Contraddizioni che hanno rafforzato la tesi di Nintendo: Genki stava confondendo i consumatori e capitalizzando sulla reputazione del brand.
L’accordo finale
A settembre 2025 la disputa si è chiusa con un accordo riservato. Le cifre non sono state rese pubbliche, ma è certo che Genki abbia dovuto risarcire Nintendo. Ancora più pesanti le restrizioni sul futuro del brand: vietato usare nomi come “Glitch 2” o “Genki Direct”, vietati loghi, colori e design che richiamino Nintendo, vietato qualsiasi riferimento che possa sembrare un’affiliazione ufficiale.
In pratica, Genki potrà ancora vendere accessori, ma solo dichiarando in modo trasparente che si tratta di prodotti di terze parti compatibili con la console. Fine del gioco delle allusioni.
Le conseguenze per Genki
Il marchio esiste ancora, i prodotti continuano a essere venduti e sui social l’azienda prova a mantenere attiva la community. Ma è evidente che la botta è stata forte: lo stand smontato, il processo legale, le scuse pubbliche, e ora un futuro limitato nella comunicazione. La visibilità ottenuta non è detto che valga il prezzo pagato.
Nintendo, tra protezione e rigidità
C’è chi si chiede se Nintendo avesse davvero subito un danno concreto. Switch 2 è partita a razzo con milioni di unità vendute in poche settimane, e l’episodio Genki non ha intaccato le vendite. Anzi, qualcuno sostiene che l’hype generato abbia persino fatto pubblicità gratuita alla console.
Ma per Nintendo non si tratta di soldi persi, bensì di controllo. Nessuno deve poter confondere un prodotto non ufficiale con un accessorio autentico. Una linea di principio che l’azienda porta avanti da anni, dagli emulatori ai siti di ROM fino a questo caso.
Una lezione per tutti
Il messaggio è chiaro: con Nintendo non si scherza. Le aziende di accessori devono muoversi con estrema cautela se vogliono restare nel giro. Basta un logo fuori posto o un claim troppo audace per ritrovarsi a pagare un conto salatissimo. E Genki è diventata l’esempio perfetto di cosa significa “volare troppo vicino al sole”.
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