Se hai una libreria Steam con 237 giochi e ne hai avviati solo 14, non sei solo. Anzi, sei perfettamente nella media. Nell’era dei saldi infiniti, dei Game Pass all-you-can-eat e delle wishlist lunghe quanto un romanzo di Tolkien, la domanda che inizia a tormentare sempre più gamer è solo una: perché continuiamo a comprare giochi se poi non ci giochiamo?
Non è solo un problema tuo. È un fenomeno collettivo, culturale, quasi patologico. E oggi proviamo a capirlo, senza giudizio. Forse.
Il fascino del backlog: una libreria da sogno (che pesa come un incubo)
Lo chiamano backlog, ma potremmo definirlo anche “il cimitero dei buoni propositi digitali”. È quel mucchio di giochi scaricati, acquistati, magari anche installati… e poi dimenticati. Ci promettiamo di iniziarli “quando avrò tempo”, “quando finisco questo”, “in vacanza”. Ma il tempo non arriva mai, e intanto il backlog cresce.
Su Steam, secondo PlayTracker, quasi il 30% dei giochi acquistati non viene mai nemmeno avviato. Un altro 20% si ferma ai primi minuti. Tradotto: una fetta enorme della nostra spesa videoludica non genera esperienza, solo potenziale.
Il paradosso? Questo backlog ci fa sentire meglio. Ci dà l’illusione di abbondanza, come un frigorifero pieno di roba buona… che però non cuciniamo mai.
Sconti, offerte, bundle: il trionfo dell’impulso
Non possiamo non parlare dell’economia dell’offerta permanente. Ogni mese c’è una nuova promozione: saldi estivi, saldi invernali, saldi del Capodanno cinese, bundle umanitari, giochi gratis su Epic, giochi extra su PS Plus.
Davanti a un’offerta “-85%” su un tripla A che volevi giocare cinque anni fa, scatta il click. Anche se sai benissimo che non hai tempo. Anche se l’hai già su PS4. Anche se, dentro di te, lo ammetti: non lo inizierai mai.
Ma il prezzo è buono, e la tentazione vince.
E quando il prezzo scende sotto la soglia psicologica dei 10 euro… il gioco diventa quasi una figurina Panini: devo averlo, punto.
Hype, FOMO e social: il gioco che devi comprare (ora!)
Altro nemico: l’hype. Ogni giorno c’è un trailer bomba, un annuncio shock, uno youtuber che urla “Game of the Year, ragazzi!” e un amico che scrive nel gruppo: “L’hai preso, vero?”
Viviamo nell’ansia di restare indietro. L’hype è come un’onda: cavalcarla è bello, ma dura poco. Se non sei dentro al day one, poi non interessa più a nessuno. Così, molti comprano subito… per non sentirsi esclusi. Ma giocare? Un’altra storia.
Questa FOMO da videogioco (Fear of Missing Out) ci spinge a collezionare esperienze che non vivremo mai davvero. Come se bastasse “averlo” per sentirsi parte del momento.
Troppa scelta, zero decisioni
Un altro ostacolo, apparentemente assurdo: abbiamo troppi giochi. Troppi davvero.
Tra Steam, Game Pass, PS Plus e servizi vari, un gamer medio ha accesso a centinaia (se non migliaia) di titoli. Ma invece di sentirci liberi… ci blocchiamo.
È il classico effetto “Netflix”: apri il catalogo, scorri per mezz’ora, e alla fine metti The Office per l’ennesima volta.
Nel gaming succede lo stesso. Hai 12 giochi installati, 300 nella libreria e 6 in wishlist. Eppure, riapri Slay the Spire. O Overwatch. O qualsiasi altro comfort game.
La fatica di iniziare (soprattutto se sei adulto)
Un tempo bastava premere Start. Ora ci sono login, tutorial, mappe, menù, crafting, quest, alberi abilità e cutscene da 12 minuti. L’inizio di un gioco è spesso un muro mentale, soprattutto dopo una giornata di lavoro o studio.
E se hai 30+ anni, magari una famiglia o poco tempo libero, un gioco da 80 ore è più un obbligo che un piacere.
Risultato? Cerchi intrattenimento più passivo: scrolli Instagram, metti su YouTube, magari lanci un match su Rocket League… ma Baldur’s Gate 3 resta lì. In attesa di una serata ideale che non arriverà mai.
Il piacere dell’acquisto supera quello del gioco
Comprare è facile. Comodissimo. Un click, una carta salvata, una notifica. Ti senti bene: hai fatto qualcosa per te, ti sei regalato un’avventura.
Peccato che quella gratificazione sia istantanea, ma effimera. E quando devi davvero giocare, subentra la fatica. Così resti nel limbo.
È un comportamento noto in psicologia: la dopamina legata all’anticipazione spesso supera quella legata all’attività reale. Il che spiega perché comprare giochi può essere più appagante che giocarli.
Collezionismo digitale: una nuova identità gamer?
Per molti, avere una libreria curata è già un obiettivo. Un modo per definire i propri gusti, la propria “identità” gamer. Su Steam si collezionano badge, ore giocate, screenshot. Su PS5 i trofei fanno curriculum. Su Switch, invece… niente. Ma questa è un’altra storia.
L’acquisto diventa simbolico. È come dire: sì, io supporto gli indie, io amo i soulslike, questo gioco lo volevo da sempre.
Poi resta lì. Tra Death Stranding e Control. Bello, impolverato, intoccato.
Allora… che si fa?
Non è una tragedia, tranquillo. Ma forse è il momento di cambiare approccio. Alcuni consigli? Eccoli:
- Metti in pausa gli acquisti per un mese
- Scegli 2 giochi e giocali davvero, anche solo mezz’ora al giorno
- Riscopri i giochi brevi (sotto le 5 ore, ce ne sono a bizzeffe)
- Cancella i titoli che sai che non inizierai mai
- Ricorda che non devi “finirli tutti”. Non è un lavoro. È un hobby.
Forse è ora di tornare a giocare meno… ma meglio.
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