È ufficiale: la petizione lanciata da Ross Scott contro la morte forzata dei giochi digitali ha superato un milione di firme. E ora Bruxelles è costretta a intervenire.
Questa volta non si tratta di un video su YouTube, di un post arrabbiato su Reddit o di una shitstorm su Twitter. La campagna Stop Killing Games è entrata nel vivo: ha raggiunto il traguardo che impone alla Commissione Europea di ascoltare, rispondere e potenzialmente legiferare.
La petizione è nata per un motivo semplice: i giochi che hai comprato non dovrebbero sparire nel nulla. Ma negli ultimi anni è successo spesso. Ubisoft ha tolto The Crew da ogni store e lo ha reso completamente ingiocabile. EA farà lo stesso con Anthem a gennaio 2026. Altri titoli seguiranno.
E la gente ha detto basta.
Cosa chiede il movimento
Le richieste non sono folli. Anzi, sono fin troppo ragionevoli:
- Se un gioco viene rimosso, chi lo ha acquistato deve ricevere un rimborso.
- In alternativa, il gioco deve restare accessibile in modalità offline, almeno nella sua versione base.
Fine. Nessuna rivoluzione. Solo rispetto per chi paga.
La politica ora è coinvolta
La soglia del milione di firme è simbolica, ma anche concreta. Secondo le regole UE, la Commissione deve rispondere ufficialmente e concedere un’audizione pubblica al Parlamento Europeo.
Ross Scott — lo YouTuber dietro al canale Accursed Farms, che ha lanciato la petizione — potrà quindi presentare il caso direttamente ai legislatori europei. Un evento raro, potentissimo, che porta il dibattito su digital ownership fuori dal mondo del gaming e dentro quello delle regole.
Ma le firme sono tutte valide?
Qui arriva il twist. Non tutte le firme contano. Solo quelle provenienti da cittadini europei, con dati verificati, entrano nel conteggio ufficiale.
Scott stesso ha lanciato l’allarme: “Una parte delle firme potrebbe non essere valida. Per questo dobbiamo continuare a firmare in modalità overdrive.”
In pratica: se vivi in UE e non hai ancora firmato, fallo subito. Se vivi fuori, aiutaci a far girare la voce.
Anche PewDiePie e Grummz dicono la loro
La campagna è esplosa grazie anche al supporto di creator e sviluppatori storici.
PewDiePie ha pubblicato un video in cui sostiene l’iniziativa, spingendo la community a schierarsi. Mark Kern, ex World of Warcraft, ha detto apertamente: “Se non possiamo più supportare un nostro gioco, rilasceremo codice e licenza. I gamer devono poterlo mantenere in vita”.
Non è solo questione di business. È questione di cultura videoludica.
La morte dei giochi digitali è già iniziata
Che ti piaccia o no, i segnali sono chiari:
- The Crew: sparito per sempre
- Anthem: fine prevista per gennaio 2026
- Avengers, Redfall, Babylon’s Fall, Evolve: tutti titoli già spenti o in via di spegnimento
- E tu non puoi farci nulla. O meglio: non potevi.
Ora qualcosa si muove.
Cosa può succedere davvero?
Che il Parlamento Europeo legiferi in tempi brevi è poco probabile. Ma la pressione è reale. E gli editori lo sanno.
Se le istituzioni UE iniziano a mettere bocca su come gestire i contenuti digitali acquistati, gli studi dovranno correre ai ripari. Offrire modalità offline, pubblicare strumenti per la preservazione, o — almeno — smettere di cancellare tutto senza preavviso.
È il primo passo per trattare i videogiochi come beni culturali, non come usa-e-getta digitali.
Il futuro del gaming lo decidi anche tu
La verità è che l’industria non cambierà mai se non la costringiamo a farlo. Stop Killing Games è una delle poche iniziative che punta dritta al cuore del problema: il fatto che anche dopo aver pagato, non possiedi nulla.
E se non diciamo qualcosa adesso, ci troveremo fra dieci anni con decine di giochi perduti per sempre. Giochi che avrebbero potuto essere conservati. Studiati. Rigiocati. O semplicemente amati.
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