“I think Xbox hardware is dead.”
Così, senza giri di parole. A dirlo non è un analista random su Twitter, ma Laura Fryer, una delle fondatrici storiche del team Xbox. Una che c’era davvero, ai tempi del primo DirectX-box, quando Microsoft decise di buttarsi nella guerra delle console. Oggi, quella stessa figura dice apertamente che il sogno è finito. E a guardare l’evoluzione recente del marchio… forse non ha tutti i torti.
Tutto è Xbox, ma niente lo è davvero
Nel 2001, Xbox era una scatola grossa, pesante, verde fluo. O la amavi o la odiavi, ma era identificabile. Oggi? Xbox è ovunque. Su TV Samsung, su tablet, su PC, su Steam Deck, sullo smartphone… e sì, anche su console. Ma proprio questa ubiquità è il cuore del problema.
La strategia di Microsoft è chiara: trasformare Xbox in un servizio, non in un dispositivo. Game Pass è il centro dell’universo. E finché gira, tutto è Xbox. Il problema? Se tutto è Xbox, allora Xbox non è più niente. Si perde identità. Si perde valore. Si perde… l’hardware.
Una console che non vende più giochi
La denuncia di Fryer — rilanciata da VGC, NextGenPlayer e commentata da personalità come Destin Legarie — arriva in un momento critico. Il prossimo modello di Xbox, secondo molti rumor affidabili, sarà un mini-PC da salotto con Steam integrato. Sì, hai capito bene: giochi PlayStation su Xbox via Steam.
Forte? Sì. Ma anche un autogol clamoroso. Perché a quel punto, chi compra più giochi dallo store Xbox? Se puoi avviare Spider-Man Remastered su Steam direttamente dal tuo “Xbox-PC”, Microsoft non ci guadagna nulla. Né dai giochi. Né dai DLC. Né dai V-bucks di Fortnite.
E allora viene fuori la domanda scomoda: che senso ha mantenere in piedi una console se non genera ricavi?
Addio hardware proprietario?
Destin Legarie (IGN) lo dice chiaramente: “Penso che l’hardware proprietario sia alla fine.”
Ma aggiunge: “Se ci riescono, potrebbe nascere una linea di PC da salotto ‘console-style’, pensati per semplificare la vita ai giocatori da divano.”
In teoria affascinante. In pratica? Molto rischioso. Perché il pubblico console non cerca libertà e settaggi personalizzati. Cerca una scatola che accendi, e funziona. Senza driver, senza launcher, senza smanettamenti. Plug and play, fine.
Ed è qui che Xbox, oggi, zoppica. Perché nel tentativo di piacere a tutti… rischia di non piacere più a nessuno.
“Non amo vedere il valore che ho contribuito a creare erodersi”
Laura Fryer non è solo nostalgica. È arrabbiata. Delusa. E non è l’unica. Anche Mike Ybarra, ex VP Microsoft e presidente Blizzard, ha lanciato un avvertimento: “Xbox è confusa su chi o cosa voglia essere. Deve cambiare in fretta.”
Tradotto: basta tentennamenti. O torni console vera, o diventi davvero terza parte. Ma decidi.
Il rischio? Un’identità liquida che si scioglie nel cloud e nel crossplatform, fino a rendere Xbox… irrilevante.
E se smettessimo di avere giochi Xbox?
DreamcastGuy (che ha acceso la discussione nel suo video) l’ha detto chiaro: se Xbox non vende più giochi, né hardware, né abbonamenti unici, a un certo punto qualcuno in alto inizierà a fare i conti. E quei conti potrebbero portare alla chiusura di studi, alla fine delle IP storiche, all’abbandono completo del settore console.
Niente più Halo. Niente più Gears. Niente più Elder Scrolls, se diventano anti-economici.
Nel breve termine, sì, tutti “vincono”. Ma nel lungo? Se Xbox sparisce come entità hardware e software… vince davvero qualcuno?
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