Una Londra sommersa. Una protagonista che sembra uscita dall’epoca d’oro dei videogiochi. Un action-RPG mozzafiato che non è frutto dell’Occidente… ma della nuova Cina videoludica.
Ti è mai capitato di vedere un trailer e pensare: “Wow, questo gioco sembra uscito da un altro universo”? Ecco, Tides of Annihilation è esattamente quel tipo di esperienza. Un colpo d’occhio clamoroso, un’atmosfera gotica spietata, un gameplay che mescola l’action moderno con il gusto per la narrazione single-player che credevamo scomparsa.
E la cosa più sorprendente? Non l’ha fatto un team inglese, né uno studio americano. No. A riportare in vita una Londra decadente e arcana ci ha pensato uno studio indipendente cinese, Eclipse Glow Games. Risultato: uno schiaffo in faccia all’intera industria occidentale.
Una Londra che affonda tra magia e rovine

Tides of Annihilation ci catapulta in una capitale britannica trasformata in campo di battaglia arcano. Dimentica virus, guerre, corporazioni: qui la catastrofe è magica. Le forze dell’Outworld hanno frantumato la realtà, spezzato le leggi della fisica e sommerso i quartieri più iconici in un’oscurità vischiosa.
La metropolitana vibra di incantesimi proibiti. Il British Museum è un dungeon infestato da reliquie maledette. E Big Ben, ora storto e marcio, si erge come un monito. Londra non è mai stata così bella nel suo disfacimento.
Non è la solita apocalisse. È una catastrofe estetica. Ogni scorcio è costruito per stupire e inquietare. Le luci hanno tonalità rame, i dettagli sembrano dipinti a olio. Il motore grafico Unreal Engine 5 fa il suo dovere (grazie a Lumen e Nanite), ma è la direzione artistica a fare la differenza.
Gwendolyn: eroina o spettro?
La protagonista, Gwendolyn, è un altro segnale che Tides gioca in un campionato a parte. È potente, elegante, magnetica. Ha un volto espressivo, un design pensato. Non è un personaggio “generico” fatto con un algoritmo per risultare “relatable”. È un’icona. Ti resta in testa.
E non è solo apparenza: Gwendolyn evoca i Cavalieri della Tavola Rotonda come spettri da combattimento. Puoi comandarli in tempo reale, sfruttarli come armi viventi, attivarli per combo devastanti. È come se Devil May Cry incontrasse Final Fantasy XVI, con un pizzico di Bloodborne e l’ambizione narrativa di Control.
Il combat system è serrato: combo aeree, contrattacchi, schivate, incantesimi. Ogni colpo ha peso. Ogni animazione ha anima.
Traversal e level design: il fascino del labirinto gotico

Londra, in Tides, non è solo uno scenario. È un labirinto onirico. La verticalità ricorda The Last Guardian, i percorsi spezzati richiamano Dark Souls, la fluidità dei movimenti strizza l’occhio a Uncharted.
Ogni ambiente sembra vivo, anche quando è morto. Le strade si piegano, i palazzi si contorcono. C’è una logica da incubo, un design che cambia sotto i tuoi piedi. Il mondo non è stabile: sembra ricordare e dimenticare se stesso mentre lo attraversi. Geniale.
Niente co-op, niente battle pass. Solo storia, atmosfera e arte
Sembra incredibile, ma Tides of Annihilation è un gioco single-player puro. Niente co-op, niente multigiocatore, niente live service. Non ti chiede di grindare. Non ti chiede di pagare. Ti chiede solo di immergerti.
La campagna principale dura circa 30 ore. Ma ci sono segreti, rami secondari, evocazioni opzionali, boss nascosti. È il tipo di esperienza che non vedi più, se non in produzioni “alla vecchia” come Stellar Blade o Wu Chang: Fallen Feathers. Anche questi, guarda caso, asiatici.
Eclipse Glow Games ha avuto il coraggio di creare un gioco d’autore, invece che un prodotto da algoritmi. In un’epoca in cui l’Occidente ti rifila battle royale con palette pastello o extraction shooter generici, qui c’è un’opera pensata con cura e con cuore.
Ma perché non l’abbiamo fatto noi?
La domanda arriva spontanea. Perché un gioco ambientato in Londra, intriso di folklore inglese, architettura vittoriana e riferimenti arturiani… è stato creato in Cina?
La risposta è amara: perché qui non si può più. Se oggi proponi un gioco simile a un publisher europeo o americano, ti chiedono se può diventare un roguelike, se ha potenziale da eSport, se puoi metterci una battle pass o un sistema di monetizzazione. Poi ti chiedono se la protagonista è abbastanza “diversificata” per i KPI, se il concept è adatto per TikTok, se puoi vendere skin in bundle.
Risultato? Visione zero. Coraggio zero. L’anima dei vecchi giochi è stata rimpiazzata da strategie di engagement.
Nel frattempo, a Chengdu, uno studio indipendente ha preso tutto il bagaglio artistico e culturale dell’Inghilterra post-vittoriana e l’ha trasformato in uno dei giochi più suggestivi mai visti.
Il paradosso della rappresentazione culturale
Qui arriva il punto più controverso, ma impossibile da ignorare. Se un team occidentale provasse a fare lo stesso in Cina – ambientare un gioco in una Pechino distrutta dalla magia, con la Città Proibita invasa da spettri della Rivoluzione Culturale – non passerebbe mai la censura. Verrebbe bloccato, criticato, forse nemmeno pubblicato.
E invece Londra può affondare. Big Ben può bruciare. Il Parlamento può diventare una torre infestata. Nessun problema.
L’Occidente ha normalizzato l’idea che la propria cultura, storia e architettura possano essere usate come scenario distruttivo in qualsiasi videogioco. È “estetica”. È “arte”. Ma quando si prova a fare lo stesso con altri paesi… la risposta è un muro.
Non è una critica al gioco. Anzi: Tides è grandioso. Ma il contesto in cui nasce è rivelatore.
L’Occidente è stato superato. E non se n’è accorto
Tides of Annihilation non è solo un gioco ben fatto. È uno specchio. Ti mostra quanto si è spento l’immaginario occidentale. Ti ricorda che il Regno Unito una volta aveva Core Design, Team Soho, Bizarre Creations. Oggi? Support studio per franchise americani.
Negli USA? Live service, reboot, aggiornamenti infiniti. L’anima dei grandi single-player è evaporata. Resta solo la nostalgia.
E allora ti guardi Tides e ti dici: cavolo, ma il futuro è già qui. Solo che non parla più inglese.
Hai detto GOTY?
Non sappiamo ancora se Tides of Annihilation vincerà qualcosa. Manca una data di uscita ufficiale (si parla del 2026), e c’è ancora tempo per scoprire se il gameplay sarà profondo quanto l’estetica. Ma il messaggio è già arrivato forte e chiaro.
L’ambizione è viva. L’arte non è morta. Solo che sta arrivando da dove meno ce l’aspettavamo.
E tu? Sei pronto a vedere Londra come non l’hai mai vista?
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