Ubisoft è finita di nuovo nella bufera. Stavolta per una clausola del suo EULA che chiede ai giocatori di distruggere ogni copia del gioco, anche fisica, una volta terminata la licenza. Sì, hai capito bene: distruggere.
Una follia burocratica? Una politica che va avanti da oltre dieci anni? O semplicemente il segno che stiamo andando verso un futuro in cui non possediamo più nulla, nemmeno i giochi che compriamo?
Spoiler: un po’ tutte e tre le cose.
Il tweet che ha fatto esplodere tutto
L’allarme è scattato l’8 luglio 2025, quando l’utente @Pirat_Nation ha pubblicato su X uno screenshot della licenza d’uso Ubisoft, facendo notare un dettaglio che molti avevano ignorato fino a quel momento:
“Alla cessazione dell’EULA, dovrai immediatamente disinstallare il Prodotto e distruggere tutte le copie in tuo possesso.”
Già il tono sembra uscito da un manuale militare, ma è proprio il concetto di distruggere le copie fisiche legalmente acquistate che ha mandato in tilt la community. In un mondo dove anche la conservazione videoludica è un tema caldo, questo tipo di clausola sembra un attacco diretto al concetto stesso di proprietà.
Ubisoft: “È una clausola vecchia di dieci anni”
Ubisoft non ha perso tempo. Sempre l’8 luglio, l’account ufficiale @UbisoftSupport ha risposto alle polemiche, confermando che quella clausola esiste da oltre 10 anni.
“È una formulazione legale standard, pensata per chiarire che al termine della licenza l’utente non ha più diritto a utilizzare il prodotto.”
Tutto giusto, in teoria. Ma nella pratica? La risposta è sembrata a molti un goffo tentativo di spegnere l’incendio con benzina. Anche perché, guarda caso, Ubisoft ha disattivato i commenti al post, alimentando l’idea di non voler affrontare il confronto con la community.
“Quindi siete scorretti da oltre 10 anni?”
Tra i primi a replicare con durezza c’è stato SmashJT, che il 14 luglio ha pubblicato un post velenoso:
“Cool, quindi siete scorretti da più di un decennio? Grazie della conferma.”
E il problema non è solo Ubisoft. In tanti hanno iniziato a spulciare i contratti di altre aziende: SEGA ha una clausola simile, così come Rockstar. Il punto, però, è l’enfasi brutale di Ubisoft, che sembra davvero voler esercitare un controllo totale su qualcosa che tu, tecnicamente, hai pagato per possedere.
Ma allora… cosa compriamo davvero?
Uno dei commenti più acuti arriva da @DoesItPlay1, che ha sottolineato l’incoerenza tra il testo del contratto e il comportamento atteso:
“Parlano di ‘prodotto’, di qualcosa che è in nostro possesso. Ma allora è nostro, o no? Non è solo una licenza temporanea, no?”
È il cuore della questione: se compri un disco fisico, ti aspetti di possederlo. Eppure, con EULA del genere, la tua “proprietà” diventa carta straccia al primo capriccio del publisher.
“Stop Killing Games”: un milione di firme contro l’oblio digitale
Questa polemica si inserisce in un contesto molto più ampio. Il movimento Stop Killing Games, nato per opporsi alla cancellazione dei giochi online e all’impossibilità di preservarli, ha già raccolto oltre un milione di firme in Europa.
L’obiettivo? Ottenere leggi che obblighino i publisher a lasciare giocabili i titoli, anche dopo la chiusura dei server o la fine del supporto.
Ubisoft, con questa clausola distruttiva, sembra andare esattamente nella direzione opposta.
Subscriptions, streaming e il futuro senza possesso
Non è la prima volta che Ubisoft mostra di preferire un modello dove i giocatori non possiedono nulla. A gennaio 2024, Philippe Tremblay – direttore dei servizi in abbonamento – dichiarava:
“I giocatori devono abituarsi a non possedere i loro giochi. Proprio come non possiedono più i CD o i DVD.”
Un messaggio chiaro: ci stiamo muovendo verso un mondo dove tutto è streaming, accesso temporaneo, abbonamento. Ma molti gamer non ci stanno. Perché se non possiedi, non puoi conservare. Se non conservi, non puoi rivivere. Se non rivivi, il gioco muore davvero.
Legalmente, è davvero obbligatorio distruggere i giochi?
Qui la faccenda si fa ancora più interessante. Perché anche se l’EULA lo dice, è davvero vincolante?
Alcuni legali (e non solo) hanno sollevato dubbi:
“Se l’EULA viene terminata, e quindi non è più valida, come può obbligarti a distruggere le copie proprio sulla base dell’EULA stessa?”
Un paradosso perfetto. E probabilmente non applicabile in tribunale, soprattutto quando si tratta di copie fisiche acquistate con regolare scontrino.
Il punto non è legale. È culturale.
In fondo, lo scontro non è tanto su cosa è legale. È su cosa è giusto. È sul rapporto che le aziende vogliono avere con chi gioca: clienti, utenti o collezionisti?
Il linguaggio dell’EULA Ubisoft sembra vedere i giocatori come licenziatari provvisori, mai come proprietari reali. Ma la realtà è diversa: la gente spende, conserva, colleziona, ama i giochi. E non li distruggerà mai per una clausola scritta in piccolo.
Ubisoft cambierà qualcosa?
L’azienda ha detto che sta riesaminando il linguaggio dell’EULA per adattarlo “alle aspettative dei giocatori”. Una frase che suona come un tentativo di placare le acque, senza davvero cambiare rotta.
Ma la verità è che questa volta Ubisoft ha toccato un nervo scoperto. E la reazione della community è stata troppo forte per passare inosservata.
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