Il trailer ti ha lasciato a bocca aperta? Tranquillo, non sei il solo. WuChang: Fallen Feathers è uno di quei giochi che ti colpiscono in faccia con l’arte, l’atmosfera e un personaggio femminile che, guarda caso, rischia già di far scattare l’ennesimo allarme “troppo sexy” nel panorama gaming occidentale.
Ma cos’ha di così “pericoloso” questo action RPG cinese per far presagire una nuova tempesta mediatica in stile Stellar Blade?
Un’altra protagonista che osa essere… bella?
Nel mondo narrativo di WuChang, la protagonista non chiede scusa per come appare. È un’eroina maledetta, una piratessa potente e letale afflitta da una misteriosa malattia che trasforma il suo braccio sinistro in un’arma piumata. Ma ciò che più salta all’occhio non è solo la meccanica del gameplay o il folklore orientale: è lei.
Per molti, WuChang è semplicemente un personaggio ben scritto, ben animato e visivamente affascinante. Per altri, però, è già “troppo”. Troppo bella, troppo elegante, troppo diversa dai canoni safe & inclusive promossi da certi ambienti del gaming occidentale.
E qui scatta il deja-vu.
Prima Stellar Blade, poi Wukong. Ora tocca a WuChang?
Non è la prima volta che vediamo questo schema. Quando uscì Stellar Blade, le critiche si concentrarono più sul corpo di Eve che sul combat system. Alcuni siti, tra cui IGN France, arrivarono a definirla “una bambola sessualizzata da qualcuno che non ha mai visto una donna” (commento poi ritrattato).
Poi arrivò Black Myth: Wukong: record di vendite, combattimento strepitoso, ma le polemiche scoppiarono lo stesso — stavolta per delle linee guida ai content creator considerate “troppo restrittive”. Di nuovo, si parlava più di cosa non diceva il gioco che di quello che faceva.
E WuChang? Ha già tutte le caratteristiche per entrare nello stesso calderone:
- Sviluppato in Cina, da Leenzee Games
- Estetica ispirata al folklore Ming, tra templi decadenti e orrori spirituali
- Protagonista femminile affascinante e fuori dagli schemi
- Nessun intento di seguire mode politiche occidentali
In pratica, è già sulla rampa di lancio… per attirarsi critiche.
Ma di cosa parla davvero WuChang?
Ambientato in una Cina gotica, infestata da maledizioni e creature leggendarie, WuChang: Fallen Feathers ti mette nei panni di una guerriera dannata. Il suo braccio piumato non è solo una trovata estetica: modifica il gameplay, la narrazione e persino l’identità della protagonista.
Il mondo di gioco è costruito in Unreal Engine 5 e si presenta come una lettera d’amore al folklore Shu: testi classici, leggende dimenticate, spiriti e dei di una cultura che non ha bisogno di tradursi per essere apprezzata. Non c’è moralismo, non c’è “messaggio”. C’è solo una visione creativa portata avanti senza compromessi.
Ed è proprio questo che rischia di diventare il vero “problema”.
Cosa succede quando un gioco non chiede il permesso?
Secondo molti osservatori (e una buona fetta della community), il problema non sono i contenuti. Il problema è quando un gioco non si piega alle aspettative ideologiche dominanti in Occidente. Non ha personaggi studiati a tavolino per rappresentare categorie. Non c’è la checklist dei valori approvati. Non c’è spazio per le polemiche… se non quelle inventate.
Il sospetto è che anche WuChang finirà nel mirino. Bastano poche clip virali, un paio di tweet indignati (“ma perché è vestita così?”) e si scatena l’effetto domino:
- Hype iniziale: preview entusiaste, paragoni con Bloodborne e atmosfera da brividi.
- Backlash social: la rete si divide. Qualcuno urla al fanservice, qualcun altro difende la libertà artistica.
- Articoli infuocati: titoli forzati, accuse di sessismo o arretratezza culturale.
- Contrattacco della community: review bombing, meme, campagne “giocatevelo lo stesso”.
- Boom di vendite: e alla fine, la polemica funziona da marketing involontario.
Sì, già visto.
Il pubblico sa ancora scegliere da solo?
Ecco il nodo. In un momento in cui le testate tradizionali perdono lettori, redattori e credibilità, sempre più gamer si affidano a YouTuber, streamer e recensioni community-based per farsi un’idea.
Secondo dati riportati nel video originale, il 73% dei Gen Z preferisce fonti indipendenti rispetto ai vecchi articoli. Non è solo una questione di formato, ma di fiducia.
In questo scenario, WuChang arriva come un’opera d’autore, non come un prodotto di marketing. Non cerca di piacere a tutti, non si autocensura e non si giustifica. E paradossalmente, è proprio questa autenticità a renderlo “sospetto” per chi ancora pensa di dover dettare le regole.
E se il problema non fosse il gioco, ma chi lo giudica?
WuChang: Fallen Feathers potrebbe piacerti o meno. Potrebbe essere un Soulslike raffinato o un flop spettacolare. Ma quello che conta è che si presenta al mondo senza chiedere permesso. Con una protagonista carismatica, una visione artistica forte, e nessuna voglia di farsi dire cosa può o non può essere un videogioco nel 2025.
E forse, in un mercato dove tanti titoli sembrano costruiti con lo stampino, questo è già un atto rivoluzionario.
Vuoi davvero capire se WuChang: Fallen Feathers è solo l’ennesima scintilla nel solito incendio mediatico o un vero capolavoro pronto a lasciare il segno? La risposta non arriverà dai titoli scandalistici, ma da chi ci gioca davvero. Quindi tieni gli occhi aperti, il pad pronto… e se anche tu pensi che l’arte non debba chiedere permesso, faccelo sapere.
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