Tra console sempre più costose, giochi a 80 euro e una valanga di licenziamenti negli studi di sviluppo, molti iniziano a chiederselo: il gaming è vicino a un nuovo crash? Un déjà-vu del 1983 o solo una crisi passeggera in un mercato che si sta trasformando?
Vediamo cosa c’è di vero dietro questa paura.
Prezzi alle stelle: console e giochi fuori scala
Nel 2024 abbiamo visto Xbox Series X arrivare a oltre 700 euro in alcuni bundle, con PS5 Pro pronta a fare anche peggio. I giochi? Ormai 70 euro è la norma, 80 se si parla di Nintendo, come dimostra il caso Mario Kart o Tears of the Kingdom.
Il problema è che a questo giro non parliamo solo di fan hardcore, disposti a spendere qualsiasi cifra pur di avere l’ultima edizione deluxe. Il pubblico casual – quello che fa i numeri veri – inizia a tirarsi indietro. E questo, per l’industria, è un campanello d’allarme grosso come una collector.
Cosa ci ricorda il crash del 1983?
Nel 1983 l’industria dei videogiochi si è schiantata sul serio: troppi giochi scadenti, troppe console, troppa confusione. I consumatori hanno perso fiducia e hanno smesso di comprare. Fine della storia, almeno per un po’.
E oggi? Siamo in un mercato molto più grande, con più varietà e più canali (digitale, mobile, cloud), ma anche più frammentazione. Ci sono console, handheld, mini-PC, device per streaming, VR, e una quantità ridicola di giochi ogni mese. Il rischio non è il crollo immediato, ma la saturazione.
Costi fuori controllo = prezzi fuori controllo
Un gioco tripla A nel 2025 può costare anche 400 o 500 milioni di dollari tra sviluppo, marketing e infrastruttura. Titoli come Starfield, Doom The Dark Ages o il prossimo GTA sono progetti colossali che devono vendere milioni di copie solo per rientrare nei costi.
E se non vuoi i 70 euro al lancio, preparati a convivere con microtransazioni, stagioni, battle pass, skin da 20 euro e ogni altra forma di monetizzazione post-lancio. L’alternativa? Non esiste. O meglio: esiste, ma non è gratis.
I gamer comprano ancora, ma sono più selettivi
Nonostante le lamentele online, la gente continua a comprare. Switch 2, stando a quanto emerso da alcuni report, avrebbe venduto oltre 3,5 milioni di unità nei primi 4 giorni. Mario Kart continua a sbancare. E anche chi dice “non lo comprerò mai”, alla fine cede.
Ma cambia il comportamento: meno preordini alla cieca, più attesa di recensioni, più attenzione al rapporto tempo-prezzo. Giochi da 20 ore vendono meno dei sandbox da 100. E in mezzo a questo scenario, qualcosa di inaspettato sta succedendo.
La rivincita degli indie e dei giochi AA
Quando spendere 80 euro diventa una scommessa, i titoli più piccoli tornano a splendere. Giochi indie da 20-30 euro ben fatti diventano best seller su Steam e console. Prendi Rematch, Sea of Stars, Dave the Diver – sono esempi perfetti di come si possa avere successo senza budget monstre.
Gli utenti iniziano a cercare valore e idee, non solo grafica e licenze. E questo potrebbe essere il vero antidoto a un’eventuale stagnazione del mercato.
Un crash? No. Ma le crepe ci sono
I conduttori del podcast lo dicono chiaramente: non sarà un nuovo 1983. Ma il mercato è sotto pressione. Troppi giochi, troppe uscite, troppe piattaforme. E in mezzo? I team più piccoli che chiudono, i lavoratori che perdono il posto, i giocatori che comprano meno.
Il rischio non è il crollo, ma l’assestamento. Un reset silenzioso, in cui sopravvivono solo i più forti (o i più flessibili). In cui la qualità batte la quantità. E in cui il pubblico non è più disposto a ingoiare qualsiasi DLC con il sorriso.
Attenzione ai contenuti clickbait
Un altro punto emerso nel podcast è il ruolo di alcuni creator: titoloni allarmistici, video arrabbiati, dichiarazioni tipo “non comprerò mai questa console”… seguiti dal classico unboxing entusiasta pochi giorni dopo. Il punto? Far parlare, raccogliere views. Ma dietro il rumore, i dati di vendita raccontano un’altra storia.
Quindi: ci sarà un gaming crash nel 2025?
No. Ma c’è un cambio di fase in corso. Un nuovo equilibrio. Un periodo in cui i giocatori sono più attenti, i costi più alti, e i progetti tripla A meno sostenibili senza monetizzazione continua. Un momento in cui le scelte del pubblico – cosa compra, cosa aspetta, cosa supporta – faranno la differenza.
L’industria non crollerà. Ma cambierà. E sta già succedendo.
Pensi che il gaming stia davvero per collassare o è solo l’ennesimo ciclo evolutivo? Parliamone insieme: seguici su Instagram, commenta le news ogni giorno e resta connesso al lato critico del gaming su Gamecast.