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Influencer, content creator, soldi e verità: di chi puoi davvero fidarti online?

Quando un creator parla di un prodotto, lo fa perché ci crede davvero o perché è pagato per farlo? Scopriamo il lato nascosto delle collaborazioni online tra indipendenza e conflitti d’interesse.

2 settimane fa Commenta! 5
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Oggi chiunque abbia uno smartphone e una connessione può diventare un content creator. Ma quando i follower crescono e arrivano le prime collaborazioni, restare indipendenti non è più così semplice. Sponsorizzazioni, codici sconto, link affiliati: il confine tra passione e business si fa sottile. E tu? Riconosci ancora la differenza tra un consiglio onesto e una pubblicità travestita da opinione?
Partiamo da qui.

Contenuti in questo articolo
“Ragazzi, questo non è un contenuto sponsorizzato…”Da zero follower a partner ufficiale: com’è cambiato il giocoSponsorizzazioni: benedizione o trappola?E le regole, dove sono?Perché l’indipendenza è (ancora) una super skillIl ruolo delle community: spettatori o complici?Ti fidi ancora?Quindi?

“Ragazzi, questo non è un contenuto sponsorizzato…”

Quante volte l’hai sentita, questa frase? Spoiler: nove volte su dieci non è proprio vero. O almeno, non è tutta la verità. Magari il creator non è stato ufficialmente pagato, ma c’è il link affiliato in descrizione, il codice sconto personalizzato, la promessa di una collaborazione futura. O magari c’è solo la paura di bruciarsi un brand “importante” dicendo quello che pensa davvero.

Benvenuto nel fantastico mondo dei conflitti d’interesse digitali.

Da zero follower a partner ufficiale: com’è cambiato il gioco

videogiochi | content creator

Una volta fare contenuti online era un passatempo. Adesso è un lavoro, e pure serio. Alcuni ci campano, altri ci si arricchiscono. YouTube, TikTok, Twitch: il meccanismo è lo stesso ovunque. Più pubblico hai, più hai valore per i brand. E se hai valore, i brand vogliono lavorare con te.

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Ma qui arriva il punto critico: più lavori con i brand, più è difficile restare imparziale. E no, non serve nemmeno che ti paghino direttamente. Basta anche solo sapere che “se parlo male di quel gioco, poi Ubisoft (o chi per lei) non mi manda più i codici in anteprima”.

Ci siamo capiti, no?

Sponsorizzazioni: benedizione o trappola?

Capiamoci: collaborare con i brand non è un male di per sé. È giusto che chi crea valore venga retribuito. Il problema nasce quando manca la trasparenza. Quando non dichiari che quel contenuto è pagato. Quando reciti un copione come se fosse la tua opinione. Quando fingi entusiasmo e in realtà non useresti mai quel prodotto neanche sotto tortura.

E a quel punto, che fiducia vuoi costruire?

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E le regole, dove sono?

In teoria ci sarebbero. In Italia, per esempio, l’AGCOM ha imposto agli influencer di segnalare chiaramente ogni contenuto sponsorizzato. Hashtag tipo #ad, #pubblicità o #collaborazione pagata dovrebbero essere la norma.

In pratica? Un Far West. C’è chi li mette microscopici a fine caption, chi li nasconde nelle stories, chi fa finta di niente e “tanto nessuno controlla”. E spesso è vero: nessuno controlla. Ma il pubblico, sì. E quando si accorge che lo stai fregando, ti fa male.

Perché l’indipendenza è (ancora) una super skill

videogiochi | aaa | giochi |bug

C’è chi ce la fa. Chi sceglie i brand con criterio, chi rifiuta i soldi se il prodotto non convince, chi ti dice onestamente “non fa per me, ma magari a te piace”.

Sono pochi? Forse sì. Ma esistono. E guarda caso, sono quelli che si costruiscono una fanbase fedele. Perché la fiducia, oggi, è più rara di un drop leggendario.

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Il ruolo delle community: spettatori o complici?

Anche noi, come pubblico, abbiamo le nostre responsabilità. Perché troppo spesso difendiamo il nostro creator preferito anche quando è palesemente in torto. “Eh ma lui è bravo”, “Ma dai è solo un link”, “Non ha detto che è una pubblicità ma si capiva”.

No, non si capiva. E se scusiamo tutto, stiamo dicendo ai content creator che va bene così. Che possono continuare a far finta di nulla. Che tanto nessuno chiederà mai trasparenza vera.

Ti fidi ancora?

videogiochi content creator

Alla fine la domanda è semplice: quando guardi un video, leggi un post o ascolti un parere, ti fidi davvero? Ti sembra genuino? O percepisci quella strana sensazione di “mi stanno vendendo qualcosa senza dirlo”?

Perché è da lì che inizia tutto. Dall’istinto. Dalla voglia di andare oltre la superficie e capire se c’è un pensiero vero o solo una strategia di marketing.

Quindi?

Nessun moralismo. Nessun “tutti cattivi, poveri noi”. Solo un invito a non abboccare a tutto, a riconoscere le dinamiche che ci stanno dietro. A premiare chi resta onesto. E a pretendere trasparenza, soprattutto quando di mezzo ci sono i nostri soldi, il nostro tempo e la nostra fiducia.

E tu? L’hai mai sgamato un creator che mentiva?
Hai smesso di seguirlo o fai finta di niente?
Parliamone nei commenti o passa su Instagram a dire la tua.

Lo sappiamo: ci caschiamo ogni volta. Ma da oggi, un po’ meno.

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